venerdì 9 marzo 2007

VIII - Eurostar 9450 - Un anno dopo

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“E’ occupato?”
Deja-vu.
Cazzo sono, lo sportello delle informazioni?

“No, prego”, rispose Cristiano spostando lo zaino sulle sue cosce. L’uomo lo scavalcò impacciato sedendosi di schianto. Era un omone grosso e sudaticcio, che si passava di continuo un fazzolettino di carta tutto sbertucciato sulla fronte bagnata.
Cristiano smise di guardarlo e tornò a leggere il suo libro, ignorando quello che accadeva intorno a lui.
Ma come succedeva al solito quando era in treno, non riuscì a concentrarsi per molto e rialzò lo sguardo dando un’occhiata alla ragazza che gli stava di fronte.
Cazzo, che carina!
Lei sentendosi fissata alzò lo sguardo a sua volta. Cristiano le sorrise. Lei ricambiò vagamente con un sorriso imbarazzato, poi non sapendo bene cosa fare o guardare, iniziò a rovistare nella sua borsa alla ricerca di un oggetto non ben identificato.
Cristiano ridacchiò fra sé e sé. Ormai ci era abituato. All’inizio si era sentito offeso e ci rimaneva male, ma aveva imparato ad andare oltre a quelli sguardi misti di compassione e paura. Compassione e paura per la sedia a rotelle su cui sedeva.
Gli tornò alla mente la dottoressa Franchi e per un attimo si ritrovò nell’ospedale dove era rimasto circa un mese. La voce vellutata della dottoressa gli aveva parlato con freddezza:
“La paralisi è permanente. Potremmo tentare un’altra operazione e sentire anche pareri di altri specialisti, al giorno d’oggi la medicina…”
“Dottoressa, siamo sinceri, mi guardi negli occhi e mi dica se esiste la minima possibilità che io torni a camminare.”
La sua voce era suonata così distaccata e lui stesso si era stupito. Gli occhi azzurri e stanchi della dottoressa Franchi lo avevano fissato per qualche secondo, poi la voce morbida aveva parlato nuovamente:
“Lei non potrà più camminare.”
Gli aveva spiegato cosa era successo alla sua spina dorsale e alle sue vertebre lombari, aveva usato mille termini medici cercando di illustrargli la nuova vita che avrebbe dovuto condurre. Cristiano aveva ascoltato sì e no. Quando la dottoressa aveva terminato, lui le aveva sorriso, l’aveva ringraziata e le aveva chiesto di lasciarlo solo.
“C’è sua madre qui fuori che vorrebbe stare un po’ con lei. E’ rimasta qui tutta la notte, sa?”
“Le dica che vada a riposare. Voglio stare solo adesso, davvero.”
La dottoressa aveva fatto un cenno di assenso con la testa e poi era uscita in silenzio. Quanti giorni aveva passato a urlare dentro di sé e maledire tutto e tutti? Quante settimane, quanti mesi erano passati prima che si stancasse di piangere e bestemmiare? Non lo ricordava, ma a un certo punto, non aveva più voluto stare solo. A un certo punto aveva voluto che sua madre stesse accanto a lui con i suoi Santiddio e le sue pellicce costosissime. E aveva iniziato a vivere la sua nuova vita a due ruote.
Il cellulare squillò.
“Mamma?”
“Tesoro, dove sei?”
A fare la maratona di New York.
“Sono appena ripartito da Firenze. Tra un’ora e mezzo arrivo.”
“Io sono già in stazione, tesoro. E quegli angeli di ragazzi sono tutti qua per aiutarci.”
Angeli? I tipi dell’assistenza handicappati?
“Ok, mamma, ci vediamo tra poco.”
“Santiddio, Cristiano, ma non potresti essere un po’ più espansivo e meno musone?”
Certo, appena scendo dal treno, mi alzo e mi metto a ballare.
E’ bello sapere che certe cose non cambiano mai.
“A fra poco, mamma.”
“Ok, tesoro, a dopo.”
In realtà qualcosa ogni tanto cambia: sua madre non ha mai capito quando era il momento di tagliare corto. Adesso sì. Adesso sa quando deve stare zitta.
“Scusi”, fece la ragazza carina all’omone sudaticcio accanto a lui, "Quando arriviamo a Roma, mi può dare una mano a tirare giù la valigia?”
C’è un bel vantaggio a viaggiare in treno se sei paralitico: non devi preoccuparti di prepararti per scendere né della valigia. Fanno tutto quelli dell’assistenza.
“Certo”, rispose l’omone e i due si sorrisero.
Cristiano si sentì escluso. Di nuovo si ritrovò a pensare come il suo handicap spaventasse le persone. Ma del resto i due parlavano di azioni che lui da solo non era più in grado di compiere.
Fu in quel momento che la ragazza che stava passando nel corridoio gli finì addosso per la brusca frenata del treno.
“Merda!”, esclamò, “mi scusi, io…”
Cristiano la aiutò a tirarsi e su la riconobbe:
“Erika!”
Lei si tirò indietro il ciuffo e lo fissò. Le erano cresciuti i capelli, ma era quella di sempre.
“Cristiano!”, esclamò lei visibilmente contenta di vederlo. Poi lo sguardo le cadde sulla sedia a rotelle e allora il sorriso le morì in faccia.
“Ma…”
Cristiano le fece un cenno come per dire di non parlare.
“Quando hai tempo per un caffé ti racconterò.”
“Ma, come…cioè, è una cosa…”
“E’ permanente”, disse Cristiano guardandola. Per un attimo quegli occhi azzurri gli ricordarono la dottoressa Franchi.
“Oddio, Cristiano, io…”
“Stai sempre a Milano?”
“Sì.”
“Allora, passa da me una sera e facciamo due chiacchiere, magari lunedì prossimo.”
“Sì, cioè non so, lunedì devo andare con Luca…”
Si fermò. Cristiano sorrise.
“Quando hai tempo, non ti preoccupare. Il mio numero ce l’hai. O hai buttato anche quello?”
“No, no…”, disse lei, “ho buttato via tante cose, ma non il numero…”
Si sorrisero. Cristiano sapeva che lei non sarebbe mai passata a trovarlo.
“Allora ci vediamo”, disse lui dopo qualche secondo di silenzio.
“Sì”, rispose lei, “buon viaggio”
Erika se ne andò traballando nel vagone accanto. Poi vide che la ragazza di fronte a lui lo guardava.
“E’ la tua ex?”
“Eh?”
“Dico, stavate insieme?”
“Sì”, rispose Cristiano.
“E’ carina.”
“Sì”
“Com’è successo?”
“Oh, lei si è innamorata di un altro.”
“No, dicevo la sedia a rotelle. Un incidente?”
Cristiano non seppe il motivo, ma gli occhi gli si riempirono di lacrime. Le ricacciò dentro con uno sforzo sovraumano.
“Sì, un incidente.”
“Mi dispiace”, disse lei.
E dopo un attimo:
“Io sono Monica.”
Cristiano le strinse la mano.
Lei gli sorrise di nuovo e per la seconda volta a Cristiano venne da piangere.
L’omone sudato si alzò e scavalcandoli andò in bagno.
"Cristiano", si presentò lui.
“Sì, ho sentito che ti chiamavi Cristiano, non ho potuto fare a meno di ascoltarti mentre parlavi con lei.”
Cristiano la osservò meglio e penso che era davvero bella.
“Pensi che passerà a trovarmi una di queste sere?”
Monica si strinse nelle spalle:
“Penso di sì”
“Onestamente.”
Lei ci pensò un attimo, poi rispose:
“No, non credo.”
Cristiano sorrise e fece di sì con la testa.
“Facciamo così”, disse Monica all’improvviso, “ io sto a Milano, che ne dici se vengo io a trovarti?”
Cristiano la guardò sbigottito.
Monica rise:
“Ti va?”
Cazzo se mi va.
“Mi va.”
Chi l’ha detto che sui treni non si incontra mai nessuno di interessante, e chi l’ha detto che non ti danno mai il posto che chiedi? E soprattutto, chi l’ha detto che tutta la gente prova compassione e paura se sei costretto su una sedia a rotelle?
Cristiano non è religioso, non va mai in chiesa e quando gli capita di andarci per i funerali bestemmia di fronte alla porta di ingresso. Ma ora crede fermamente che gli angeli esistono. E forse ne ha appena incontrato uno.
“MI VA”, ripeté un po’ più forte ridendo insieme a Monica.

FINE

4 commenti:

filsero ha detto...

In un commento dicevo di sperare che a quella brusca sterzata con la macchina corrispondesse anche una svolta nella vita del protagonista...
Credo che in un certo senso quella speranza non sia stata disattesa, perché è chiaro in questo finale come, nel rapporto con la madre, l'affetto e la comprensione abbiano un ruolo più importante rispetto a prima dell'incidente.
Sia Cristiano sia la madre sono cambiati, pur mantenendo lui la sua caustica voce interiore e lei i suoi Santiddio.
In quest'anno, hanno smussato quei lati che stridevano così tanto quando prima si accostavano.

Massi, ora che ci hai raccontato tutta la storia, ti manca solo di darle un titolo ;-)

Anonimo ha detto...

@fil: è vero...infatti sto cercando il titolo...nel frattempo state pronti al nuovo racconto episodi di cui avete avuto un'anteprima in una delle serate al giardino dei ciliegi...

Devo comuqnue ammettere che Cristiano mi mancherà...

Unknown ha detto...

Oh via! Finalmente un raggio di sole in questa storia, almeno nel finale. Non che io adori i racconti harmony ma insomma per me era veramente un tipo tutto al negativo questo cristiano ...
E a livello stilistico ... qui non ho mai trovato quelle sfumature che, in base hai miei gusti personali, disturbavano certi passaggi del racconto.
Aspetto il prossimo racconto ad episodi :)

Anonimo ha detto...

@francesca: il nuovo racconto a episodi sta per arrivare...ma in base HAI miei gusti personali, l'H davanti alla preposizione non ci vuole... ;)