martedì 13 febbraio 2007

VI - Milano - Roma Solo Andata

I - II - III - IV - V - VI - VII - VIII

Il suono dell'acqua che proveniva dalla doccia gli ricordò Erika. Quando al mattino lei si svegliava presto e lui poltriva tra le coperte e lei in bagno si preparava per uscire.
Quanto tempo era passato dall'ultima volta che era successo? Meno di un anno, ma gli pareva un'eternità.
E ora nella doccia c'era di nuovo una donna: sua madre.
Cristiano ripensò alla notte appena trascorsa. Non aveva dormito niente. Lei aveva russato come un trattore, mentre lui si era rigirato nel suo lato del letto, ripensando all'ultima settimana, a sua nonna, alle parole che gli aveva detto l'ultima volta che l'aveva vista.
Sentì sua madre canticchiare sotto la doccia e tutti i buoni propositi di provare a iniziare un rapporto con lei andarono a farsi benedire.
“Mamma!!!”, provò a urlare.
Ma il rumore dell'acqua copriva ogni altro suono.
No, non posso ospitarla un minuto di più; una notte è stato anche troppo. Appena esce da quel cazzo di doccia, se ne deve andare.
D'istinto afferrò il cellulare e cercò nella rubrica un numero che aveva composto di rado ultimamente. Inviò la chiamata e ascoltò il segnale di libero con apprensione, come ogni volta che parlava con lui. Al quinto squillo sentì la voce imperiosa di suo padre rispondere:
“Bonfanti”
Non avrà neppure il mio numero in memoria e gli sarà apparso una sequenza di cifre per lui sconosciute.
“Papà?”
“Chi è?”
Madre Teresa di Calcutta! Chi cazzo ti chiamerà papà se non il tuo unico figlio?
“Papà, sono Cristiano”
Silenzio.
“Papà?”
“Cristiano, sono in cantiere e sono abbastanza occupato, quindi se non è davvero urgente ti prego...”
“E' davvero urgente”, lo interruppe Cristiano.
Di nuovo silenzio.
“Dimmi”, disse alla fine suo padre.
Cristiano inspirò profondamente e parlò veloce mangiandosi le parole:
“La mamma è venuta da me, a Milano.”
Cristiano sentì delle voci confuse in sottofondo e poi suo padre:
“Porcatroia, Roberti, vuole portarmi quei preventivi del cazzo prima che faccia notte?”
A Cristiano sembrò che le voci che risposero fossero deferenti e impaurite. Come la sua.
“Dimmi”, tornò a dire suo padre.
“Ti ho detto, papà, dopo che hai cacciato la mamma, lei si è precipitata qui a Milano da me.”
“E allora?”
“E allora?!?!?”, Cristiano sospirò, “avevamo stabilito che poteva rimanere alla villa finché non trovava una sistemazione migliore...”
“Pare che l'abbia trovata...”, ironizzò suo padre.
“Intendevo a Roma, non a Milano”, rispose Cristiano stizzito.
“Senti, io ho da fare, Cristiano, vedi tu come fare...non posso mica risolvere tutti i tuoi problemi?!?”
“I miei problemi?”, la voce gli tremò.
Cazzo, papà, questi sono i VOSTRI problemi.
“Arrivo subito, ditegli che arrivo.”
Suo padre non lo stava neppure ascoltando.
“Papà?”
Silenzio.
“Papà?”
“Eh?!?”
“Senti, papà, ti prego, fai stare la mamma alla villa ancora per un paio di settimane, giusto il tempo per organizzarsi.”
Fece una pausa:
“Per favore”, aggiunse.
Il silenzio che seguì fu interminabile e Cristiano pensò che la comunicazione fosse caduta. Poi:
“Senti, Cristiano, mi chiamano, devo andare. Dì a tua madre che può tornare alla villa, ma la voglio fuori dai coglioni entro una settimana, ci siamo capiti?”
“Sì, ci siamo capiti.” Poi si sentì in dovere di aggiungere:
“Grazie.”
Ma suo padre aveva già chiuso la comunicazione senza nemmeno salutare.
Cristiano rimase per qualche secondo a fissare il cellulare.
“Santiddio, questo bagno è così angusto, come si fa a lavarsi e vestirsi come Dio comanda!”
Cristiano guardò la madre sulla porta del bagno. Il vestito che indossava sembrava appena uscito da una lavanderia.
“Mamma, fai la valigia. Torni a Roma.”
“Cosa?”
“Ho chiamato papà, ha detto che puoi tornare alla villa...”
“Cristiano non ho intenzione di tornare in quella casa per esserne cacciata di nuovo come fossi una poco di buono...”
Cristiano sospirò:
“Puoi rimanere una settimana, ma nel frattempo devi trovarti una sistemazione. Non ho intenzione di richiamarlo fra 10 giorni per elemosinare al posto tuo.”
“Sei sempre il solito Cristiano. Sei brusco e scontroso. Come se io non avessi mai fatto niente per te in tutti questi anni.”
Cristiano si morse la lingua così forte che temette di staccarsene un pezzo.
“Mamma”, disse infine, “ti accompagno alla stazione, andiamo...”
“Ma...come? Così? Subito?”
“Mamma, niente storie. Ti porto alla stazione e ti metto sul primo treno per Roma.”
Dopo 20 minuti erano in macchina sulla tangenziale. Sua madre non era stata zitta un momento:
“Comunque tuo padre è del tutto inaffidabile. Se almeno potessi contare sul fatto che..:”
“Mamma”, sospirò Cristiano superando una seicento, “riesci a stare cinque minuti in silenzio e ringraziare il cielo che ho convinto papà a...”
“Cristiano, hai solo fatto una chiamata, non fare di un granello una montagna. Avrei anche potuto sistemare tutto da sola. Ti sei impicciato senza nemmeno chiedere; non hai mai pensato che forse non volevo tornare alla villa, che forse ho bisogno di un cambiamento? Sei come tuo padre, sei...”
“Mamma, ti prego, fai silenzio! Non mi provocare ulteriormente.”
“Santiddio, Cristiano, non mi rispondere così. Sono sempre tua madre e...”
Cristiano si voltò di un quarto a guardarla e non seppe se buttarla giù dall'auto in corsa o strangolarla con la cintura di sicurezza.
“Ti ho messo al mondo, Cristosanto, non credi che...CRISTIANOOOOOOOOOOOOOO!!!”
Cristiano tornò a guardare la strada ma era troppo tardi. La curva era ormai a ridosso e la macchina sfondò il guardrail e volò in aria.
L'ultimo pensiero di Cristiano fu che, come con Erika, tutto stava per finire.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

" Cristiano, la prossima volta sarò costretta a prendere l'ATM "

filsero ha detto...

Cristiano è solo, mi dispiace molto per lui. Ma è come se la strada che percorreva insieme alla madre si sia ribellata a un destino che
sembrava ineluttabile, in cui tutti i suoi affetti sparivano attratti da forze centrifughe (egoismo, egogentrismo, insensibilità, morte).
Che effetti avrà questa ribellione, non lo posso sapere (ma il desiderio di scoprirlo è tanto!) però immagino che qualcosa cambierà, e spero che il volo
con cui si conclude questo capitolo possa in qualche modo invertire il verso di qualcuna di quelle forze e che di nuovo un po' di affetto o almeno di comprensione
torni a lenire il dolore di Cristiano.

Piccola nota: mi piace il parallelo tra Erika e la madre di Cristiano che apre e chiude il capitolo. E' una bella cornice che serve anche a interpretare il quadro.

filsero ha detto...

@ bruno: scherzi? Una signora così che se ne va in tram...magari costretta poi a chiedere all'edicolante dov'è la fermata della metro più vicina, per scoprire che per arrivarci deve fare un tratto di strada in autobus. Naaaa :)

Anonimo ha detto...

probabilmente no... però poi disporrebbe di un'arma: "Un mezzo pubblico, costretta a prendere un mezzo pubblico!!!"