Per non saper né leggere né scrivere¹ - L'era del tanghero
di Enzo Fileno Carabba
Anche voi leggete libri sempre più corti, ammettetelo. Più brevi e più semplici. Quando ne leggete uno complesso vi sembra di aver fatto qualcosa di formidabile. Vi guardate in giro con un sorrisetto fiero aspettandovi che qualcuno vi dica bravo (aspetterete un pezzo). Di solito lo leggete d'estate, e a settembre lo raccontate a tutti. A settembre siete pieni di buoni propositi. Tutti a settembre venite da me e mi riassumete fino alla nausea libri meravigliosi. Dovrei espatriare, a settembre.
Però le ulteriori letture meravigliose e originali che avevate progettato sulla spinta dell'eroico periodo estivo si perdono con i primi freddi. Oppure, se la vita vi costringe a fingere di conoscere tutto (che esistenza miserabile, però) adottate tecniche di lettura veloce, una cosa perversa per cui sarete puniti nell'adilà.
Ah no? Mi dite che non è così?
Se non è così, se leggete mostruose quantità di libri complicatissimi come facevate qualche anno fa, allora me ne rallegro, vi faccio i miei complimenti. Vuol dire che siete bravi, ma anche fortunati. Siete dei privilegiati, la mamma vi rimbocca le coperte, avete ereditato i pozzi petroliferi della nonna Abelarda, vendete missili per guerre preventive, o mine antiuomo per diffondere la civiltà definitiva. Sono contento per voi. Mandatemi dei soldi. Fatemeli avere al più presto.
Sul versante della scrittura è la stessa cosa. Se prima scrivevate, ora scrivete di meno. Non dite di no. A meno che non siate diventate degli autori di best seller, o non siate dei nababbi per conto vostro, voi scrivete sempre meno. Se mai avete scritto.
Quando dico voi, intendo in qualche modo gli addetti ai lavori, gente che più o meno ha sempre gravitato attorno ai libri. Gente che è cresciuta leggendo, o scrivendo.
Se voi stete ridotti così, e io sono uno di voi, figuriamoci gli altri.
La verità è di questi tempi la nostra vita non è concepita per leggere e per scrivere. Soprattutto non è concepita per leggere, perché per leggere ci vuole una grande generosità, una grande disponibilità, mentre a volte chi scrive è mosso solo da un feroce narcisismo, perfettamente in linea con i tempi.
È il ritmo della nostra esistenza che è micidiale. Non c'è bisogno che te lo dica io però te lo dico lo stesso. Se entri in un ufficio qualsiasi, tanto per dire, sei accolto da vari strati di suoni meccanici e nevrotici che fanno da sottofondo a attività insensate che ci sembrano della massima importanza. Quei suoni non li avvertiamo neanche più, ci sembrano normali. Invece sono il sintomo di un ottundimento collettivo.
Noi siamo una civiltà in cui il massimo piacere per la maggior parte degli uomini è trovare parcheggio. È quando troviamo un posto nel groviglio cittadino che veramente esultiamo, anche quelli che leggono Seneca (io non ne conosco, comunque).
Noi siamo una civiltà che per la prima volta della storia si vergogna degli oggetti che produce: bottiglie di plastica, lattina, pannolini che resistono millenni, e così via.
Noi siamo una civiltà che ha prodotto persone che hanno paura a entrare in posti dove il telefonino non ha campo. E a volte si tratta di baldi giovani che amano gli sport estremi, cosidetti estremi.
Questo per parlare dei piccoli segni.
Sembra che un'intelligenza maligna orchestri le noste vite per impedirci di coltivare la capacità di concentrazione.
Cosa volete che leggiamo e che scriviamo.
Tengo corsi di scrittura, in poche parole faccio scrivere racconti e poi ci ragioniamo su. Prima insegnavo solo agli adulti. Da qualche anno lo faccio anche nelle scuole superiori. Ho visto che per la maggior parte delle persone, concentrarsi a lungo è impossibile. Nessuno segue più un ragionamento completo. Ma non perché sono scemi, non sempre almeno. È come se il ragionamento non fosse più richiesto, non fosse più utile.
Un ragionamento vuole che da un punto A, passi al punto B, poi al C e infine al D. Questo non è più possibile, o avviene solo in circoli ristretti, sempre più simile a sette. Normalmente tutti si avventano sul punto A, per dimostrare di esistere, seguendo un modello di comportamento televisivo, quando non restano segregati dietro muri di apatìa.
A proposito della televisione, mi rendo conto che non è originalissimo tirarla in ballo. Ma non è più il tempo per essere originali. Un mio amico sostiene una tesi interessante: la televisione andrebbe bene se per guardarla tu dovessi, mettiamo, piegarti su un tubo che esce da terra. Se la televisione comportasse un minimo sforzo, anche solo fisico, invece dello stravaccamento in poltrona che tu ben conosci, allora andrebbe bene.
Dicono: ma se vuoi la spegni.
NON È VERO! Maledette teste a pinolo! Dato che tutti la guardano, anche se tu non la guardi sei comunque circondato da quelli che la guardano. Sono loro che comandano, i tangheri ti dicono come vivere. "È l'era del tanghero" dice il mio amico.
¹Per non saper né leggere né scrivere è una frase che diceva sempre mia nonna, a cui dedico questo testo.
2 commenti:
bel post, davvero... e vero, in ogni sua parola. Le persone tendono a pensare in piccolo a semplificare il tutto al minimo. Scrivere implica generare idee troppo vaste.
Io, tra tutti, son quello che ha meno scuse. E' vero che leggo libri sempre più corti.
Sono ormai piuttosto lontanti i tempi in cui mi facevo bello dicendo
di aver da poco terminato di leggere la Recherche.
Ancora più remoti sono i giorni in cui mi vantavo di aver divorato tutto Dostoevskij,
tranne un romanzo breve: il villaggio di Stepancikovo. Ma come non lo conosci? Che spocchia avevo. Ma ora è solo un ricordo frustrante.
Ho meno scuse perché ad esempio, la poca considerazione che ho per il mio lavoro non ha come sottofondo suoni meccanici e nevrotici: nel mio ufficio regna il silenzio,
rotto a malapena da sporadici click del mouse o da uno stanco ticchettare sulla tastiera.
Nemmeno la stampante si sente, dato che non funziona da un po'.
Ah già, c'è la macchinetta del caffè. Quella in effetti fa rumori strani, ma solo durante la pausa.
Quindi non vale.
Poi non ho nessun mezzo di locomozione, e dunque non so cosa sia lo stress da parcheggio.
Per muovermi uso il treno o il bus, e quando sono in ritardo son contento perché posso prolungare la lettura dell'ultima raccolta di racconti minimalisti che ho comprato (all'usato o tra i remainders, è chiaro).
Non faccio sport estremi, non m'importa quando il cellulare non ha campo. Anche perché quasi sempre lo dimentico a casa. Soprattutto non guardo quasi mai la tv. Capita ogni tanto, per programmi mirati e ben selezionati. Come Tom e Jerry ad esempio.
Non solo non mi vergono degli oggetti che l'uomo produce, ma ho una specie di ossessione per loro, soprattutto per quelli abbandonati, o che finiscono tra gli scarti.
Non che vada a rovistare nell'immondezzaio, questo no. Però quando cammino per la strada, e vicino al cassonetto vedo ad esempio un divano rotto, una bambola sgualcita, una confezione di cioccolatini scaduta da 5 anni, o chessò un preservativo tra due macchine, mi incanto a immaginare la serie di eventi che hanno portato proprio lì proprio quegli oggetti. Dietrologia dei rifiuti. Nel caso del preservativo in particolare fantastico molto sui dettagli di quegli eventi (scherzo). Forse è un po' folle. Sarà per questo che sempre più gente mi schiva. O forse perché ho preso un'intolleranza per il deodorante, non so.
Ok, ma allora perché leggo libri sempre più corti, scrivo sempre di meno? Ce l'ho almeno una scusa?
Essì che ce l'ho. E buona.
Io non tengo corsi di scrittura come Enzo. Non saprei da dove iniziare. Però ne seguo uno. E guarda caso è proprio lui a tenere questo corso.
La colpa è sua. E' lui a consigliarmi libri sempre più corti. Ragazzi, leggete racconti di Carver, di Hemingway, di Salinger. L'Uomo senza qualità e Guerra e pace sono banditi, ripudiati.
Non dire di no. Ammettilo.
Sei tu il responsabile anche del fatto che scrivo sempre meno.
Mi fai pensare troppo. Ogni due parole che butto giù, scatta la tua voce, come quella di una segreteria telefonica trapiantata nel mio cranio:
"Non potrei dimostrarlo davanti a un tribunale, PERO', secondo me, funziona meglio senza queste due parole."
E io le butto via. Cosa credi, io ti do retta. Però poi non venire qui a dire che siamo così e così e a darmi del tanghero.
Ok, è venuto anche troppo lungo 'sto commento. A chi è arrivato fin qui dico che tutto quello che ho detto sopra è una collezione di bugie e calunnie che avevano il solo scopo di smentire Enzo, ma è andato male. Mea culpa. Alla fine ha sempre ragione lui. Uff. :)
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