lunedì 30 aprile 2007

VI - L'Ultimo Sapore

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“Tanto tempo fa, in una galassia molto lontana, su un pianeta chiamato Vinovio, viveva un popolo giusto e pacifico. I Vinoviani hanno condotto a lungo una vita serena e tranquilla. Per decenni, secoli, hanno lavorato onestamente basando la loro società su principi solidi e morali. Hanno sviluppato grandi capacità scientifiche, studiando a fondo la medicina e scoprendo vaccini in grado di curare qualsiasi malattia. L'esistenza dei Vinoviani è sempre stata così. Finchè non sono arrivati gli Smorke.Un giorno migliaia di astronavi hanno invaso le nostre città, oscurando i cieli. I Vinoviani hanno capito subito che gli Smorke non erano venuti in pace. Volevano conquistare Vinovio, volevano il potere e l'egemonia sulla nostra galassia e hanno fatto al nostro pianeta quello che già avevano fatto ad altre popolazioni su altri pianeti. Hanno iniziato con i nostri figli. Li hanno rapiti, torturati e uccisi. Poi sono passati alle donne e agli anziani, privandoci delle nostre mogli e dei nostri genitori. Alcuni hanno nascosto i bambini per impedire che venissero rapiti, ma solo in pochi ci sono riusciti. E noi Vinoviani non abbiamo saputo come reagire. Siamo sempre stati un popolo pacifico, non abbiamo mai affrontato guerre. Non avevamo armi e, anche se le avessimo avute, non avremmo saputo come utilizzarle. Così gli Smorke hanno continuato a saccheggiare e raziare il nostro pianeta. Quelli di noi che sono sopravvissuti in qualche modo al loro passaggio, non se la sono cavata solo con qualche brutto ricordo. Prima di lasciare Vinovio, gli Smorke hanno avvelenato le nostre acque, il nostro cibo, la nostra aria. E quando ci siamo resi conto degli effetti che il veleno aveva, era troppo tardi. Tutto quello che c'era di commestibile era stato contaminato con un siero letale, a cui nessun nostro vaccino poteva far fronte. E anche solo respirando, abbiamo scoperto a nostre spese un altro terribile effetto: perdevamo il senso del gusto, la facoltà di sentire i sapori. Non avevamo molta scelta. Abbiamo dovuto prendere una decisione velocemente. Ci siamo organizzati per andarcene dal nostro pianeta. Abbiamo lasciato le nostre case, i luoghi natali dove avevamo sempre vissuto e siamo andati alla ricerca di un altro pianeta, di un’altra galassia, dove saremmo potuti sopravvivere e dove avremmo potuto cibarci e dissetarci, pur non sentendo alcun sapore. Abbiamo peregrinato per lungo tempo, passando da pianeta a pianeta, cercando un posto dove vivere in pace con gli indigeni del luogo. E in questo modo siamo sopravvissuti, ci siamo sfamati e dissetati, senza sentire alcun sapore, ma riuscendo comunque a tirare avanti. Poi, un po’ per caso, un po’ per le ricerche e gli studi condotti dal Professore, siamo giunti sulla Terra. Qui, abbiamo fatto una scoperta clamorosa. Ci sono voluti più di vent’anni. Vent’anni in cui abbiamo convissuto silenziosamente con voi terrestri per capire se veramente quello che avevamo intuito era una realtà. Alla fine il Professore ha appurato la compatibilità delle nostre lingue con quelle umane. Abbiamo esitato per lungo tempo. Siamo pacifici, non volevamo essere la causa di alcun male per nessuno. Ma abbiamo fatto un esperimento che è perfettamente riuscito. Il Professore l’ha testato su se stesso. Ha anestetizzato un terrestre, gli ha sostituito la lingua impiantondogli la sua e il risultato è stato sorprendente. Non solo il Professore riusciva di nuovo a sentire i sapori, ma il terrestre donatore, grazie alle tecniche e alle procedure studiate e utilizzate, non ricordava niente di quanto era successo e, soprattutto, credeva di sentire ancora i sapori, anche se quello che sentiva era dettato solo dall’aspetto esteriore del cibo che lui vedeva. Ci sembrava una soluzione perfetta: poco invasiva e ottimale per tutti. Per questo abbiamo costruito il finto studio dentistico che viene camuffato prontamente con il cantiere dopo ogni intervento che facciamo. Tutto è andato per il meglio…fino alla tua operazione.”
Il capocantiere fa una lunga pausa e mi fissa.
Io, seduto sulla poltrona da dentista e legato come un salame alla fiera degli insaccati, lo guardo per qualche secondo. Poi sposto lo sguardo sul dentista, anzi, sul Professore.
Non è possibile, penso, questo è un sogno. Siamo stati invasi dagli extraterrestri che vivono con noi da circa venti anni e io sono l’unico uomo sulla Terra che lo sa.
Per poco, dice una vocina nella mia testa, ancora per poco.
Il Professore si toglie gli occhialetti che porta e, pulendoseli con un lembo del camice, dice:
“Qualcosa è andato storto nel suo caso. Il trapianto di lingua è riuscito, come al solito, ma al risveglio lei, non solo ricordava tutto, ma percepiva anche l’assenza di sapori.”
Noto che mi dà del Lei. Come se in un'occasione del genere fosse la cosa più normale al mondo. E poi come fa a sapere che non sento più i sapori?
Il Professore fa una pausa, poi rinfilandosi gli occhiali, riprende:
“Purtroppo non possiamo permettere che lei ricordi, che lei sappia…”
Mi agito sulla sedia, ma i lacci con cui mi hanno legato sono strettissimi. Dovrei essere Houdini per riuscire a liberarmi.
“Mi dispiace”, termina con un sospiro il Professore.
Fa un cenno al capocantiere. L’uomo prende qualcosa da una mensola dietro di lui. Non riesco a vedere di cosa si tratti.
Una porta si apre e l’assistente con il sederone che fa provincia entra sorridente. Questa volta il sorriso non è solo sbagliato. Mi pare anche un po’ dispiaciuto, come se lei non volesse essere lì a fare quello che sta per fare. Mi si avvicina e mi fa una veloce iniezione nel braccio. Poi in un orecchio mi sussurra:
“Non sentirà niente.”
E come se non bastasse a convincermi, aggiunge:
“Davvero! Presto sarà tutto finito!”
Sbatto le palpebre che già sento pesanti.
Il capocantiere passa lo strumento che ha preso dalla mensola al Professore.
L’ultima cosa che vedo è il Professore che aziona lo strumento.
L’ultimo suono che sento è il rumore della motosega in azione.
L’ultima cosa che tocco è il bracciolo di pelle della poltrona.
L’ultimo odore che percepisco è quello di pelle bruciata, la mia scatola cranica che viene aperta.
E per un attimo torno a sentire anche un sapore. L'ultimo. Quello della morte.

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