venerdì 11 maggio 2007

Sangue a West Hollywood - II

di Daniel Bloom


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Quella notte non avevo chiuso occhio, il fantasma di Miriam era tornato a tormentarmi, inoltre i vicini messicani avevano fatto il solito baccano fino alle tre di notte.
La mattina mi alzai di buon’ora, avevo seguito il consiglio e mi era fatto una doccia e una bella rasatura. La sera prima mi ero anche comprato una camicia nuova.
Era il primo vero caso da mesi.
Entrai in ufficio verso le nove e aspettai pazientemente che squillasse il telefono.

Il giornale ingiallito stava ancora dove l’aveva posato la sera prima, mi alzai per buttarlo, ma il mio sesto senso mi disse di lasciarlo lì dove era. Aprii il cassetto e controllai che tutto fosse a posto.
Presi in mano l’automatica, la caricai e la rimisi nella fontina.
Nel cassetto trovai anche la vecchia foto dei ragazzi dell’accademia, Kuzberg, Douglas, Vincent Malone, Jackson con la sua risata isterica. Molti di loro erano già morti, gli altri finiti a fare i passacarte o corrotti.

Ne avevo vista di merda in quei tredici anni in polizia: puttane e papponi prima, alla buoncostume e poi la roba vera, maniaci, assassini, stupratori, avevo spalato tra il sangue e l’immondizia per ricevere alla fine il benservito.

Chiusi i cassetti e cercai di fare un po’ di ordine in quella stanza che puzzava di cibo cinese e fumo di sigarette.
Accesi la sesta sigaretta della mattinata e provai a rilassarmi aspettando qualche novità.

Dopo un’ora il telefono squillò.
- Buongiorno, Mr Boreinstain.
- Buongiorno, Mrs Surtron.
- Sento dal tono della sua voce che ha seguito il mio consiglio di radersi.
- Do sempre retta ai consigli delle mie clienti, specialmente se pagano in anticipo.
- Perfetto, la sento in ottima forma. Desidero parlarle di persona, ma non nel suo ufficio, vediamoci in quel caffè all’angolo tra Antone Boulevard e la quarta, tra un’ora.
- Ok da Charly tra un’ora.

Riattaccai la cornetta e mi rimisi il cappello. Era giunto il momento di comprarmene uno nuovo.
Dopo un’ora esatta arrivò puntuale come la morte Mrs Jennifer, era vestita sportiva con un paio di occhiali da sole. Anche lei non doveva aver passato una gran nottata a giudicare dalle occhiaie che le solcavano il volto.
Il locale aveva un affaccio su Antone Boulevard e una stanzetta sul retro dedicata ai clienti “particolari”. Venti anni prima il locale era stato il quartier generale della mafia ebraica di Los Angeles, Lasky, Cohen, Bloom si ritrovavno lì dietro. Da quando però a L.A. erano arrivati gli irlandesi, gli ebrei erano tornati nell’Est e a Chicago, e il bar era diventato un posto di ritrovo di piccoli mafiosi italiani e chicanos. Nell’insegna scolorita in ebraico c’era scritto Charly’s cosher food, ma persino un goy si sarebbe accorto che di cosher in quel posto c’era solo la scritta.

- Mrs Sturton.
- Mr Boreinstain, le dispiace se ordino un caffè?
- Faccia come crede, ma qui servono il peggiore caffè di Los Angeles. Dunque le è stato sottratto un diario, quando? Come? Ha dei sospetti in merito? ha già avuto un’offerta di riscatto?…e soprattutto chi è lei Mrs Sturtron?
- Mr Boreinstain la credevo più intelligente…la prego eviti questo tono da sbirro che è incredibilmente fastidioso... tutto a tempo debito.

Prese la tazza del caffè e sorseggiò con calma apparente. Dopo qualche secondo di silenzio mi guardò negli occhi e disse:
- Mai sentito parlare di Johnny Roscoe?

Quel nome mi fece l’effetto di una bomba fatta brillare in un supermercato di sabato mattina. Johnny Roscoe era stato l’enfant prodige della criminalità organizzata di L.A.
Era arrivato da Philadelphia, iniziando con scommesse e prostituzione nel West Hollywood, nel giro di poco era passato alla droga, ma la sua ambizione smisurata lo aveva portato troppo in là. Prima della sua morte “stranamente” avvenuta per un incidente due mesi prima, si era messo a trafficare con gli industriali del Nord, roba da milioni di dollari, roba che scottava. Nel giro di poco aveva scatenato una guerra tra le bande di L.A. e Lloyd Anderson, il più potente gangster della costa, lo aveva messo sulla sua lista nera.

- Johnny Roscoe era mio marito.
Aver a che fare con la vedova di uno dei più sanguinari malviventi della West Coast mi mise in uno strano stato di agitazione.
- Condoglianze signora, anche se in ritardo.
Mi guardò con aria di sfida e sorrise.
- Il diario che mi è stato sottratto apparteneva a mio marito ed è di vitale importanza che ritorni a me…aggiungo che se lo ritrova potrò darle una giusta ricompensa-
- Giusta ricompensa…?
- Diciamo raddoppio a 100 dollari a giorno e... 10000 dollari se mi recherà un buon servizio. Non tenti di fare il furbo Boreinstain non glielo consiglio. Ma lei è una persona sveglia non è vero?

L’idea dei 10000 dollari non mi dispiaceva affatto, anche se sapevo che mi sarei ficcato in un mucchio di guai.
- Perché si è rivolta a me?
- Vede Daniel, è così che si chiama?
- Preferirei Boreinstain.
- Ok Mr tuttod'unpezzo Boreinstain, mi sono rivolta a lei perché è fuori dal giro, un perfetto fallito, un insospettabile, disperato investigatore privato.

Cercava di provocarmi ma non le detti soddisfazione.
- Tutto chiaro Miss Surtron o Mrs Roscoe, come preferisce la chiami?
- Mi chiami come diavolo le pare, basta che mi ritrovi il diario e velocemente.

I sospetti, mi disse, cadevano su una giovane checca sempre alla ricerca di droga, un disperato che veniva di tanto in tanto a casa di Roscoe. Roscoe lo utilizzava per ricattare insospettabili sposati omosessuali in doppiopetto che frequentavano furtivamente gay club. Probabilmente in astinenza aveva rubato la cosa sbagliata a casa del gangster e senza saperlo si era messo in tasca una fottuta bomba all’idrogeno.
Per pagare i suoi vizietti chimici oltre ai ricatti e piccoli furti faceva marchette nei club per cuori solitari di L.A.
La sera stessa sarei andato a battere i peggiori postacci in cerca di un venticinquenne smilzo dall’aria effeminata che rispondeva al nome di Michael Cronny.

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