sabato 9 giugno 2007

Sangue a West Hollywood - IV

di Daniel Bloom


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Ne avevo viste di case fatiscenti ma quella era un vero disastro, siringhe monouso dappertutto, un letto ricavato da dei cartoni, al muro una riproduzione dozzinale incorniciata di qualche dannato pittore europeo. C’è un odore insopportabile di muffa e cibo avariato.
Il ragazzo era disteso per terra con gli occhi fissi al soffitto, dalla camicia bianca spuntava un foro bruciacchiato con del sangue ancora fresco. Qualcuno era arrivato prima di me, probabilmente gli avevano sparato con un silenziatore. Quel diario bruciava. Ormai era chiaro.

Non c’era traccia di nessuno, qualcuno l’aveva fatto fuori e se ne era andato in tutta fretta. Perché?
Era un fottuto rompicapo ma non avevo tempo per pensarci. L’unica cosa era capire se il diario era ancora lì o era stato già requisito. Misi i guanti per non lasciare impronte.
Con la destra tenevo la mia colt ben ferma e con la sinistra iniziai a frugare in tutta quell’immondizia. Stavo sudando come una puttana, “stai calmo Daniel, calmo,” mi dissi.
Da un cassetto spuntarono, raccolte e legate con uno spago, una ventina di buste. Ne aprii una. La calligrafia era ordinata, le lettere grandi.

Caro Michael,
tuo zio Gorge ed io siamo molto contenti che le cose ti stiano andando per il verso giusto. Non abbiamo capito che tipo di lavoro stai facendo ad Hollywood. Quando potremmo vederti finalmente sullo schermo? Sai, zio George è impaziente.
Ci manchi tanto, purtroppo non abbiamo ancora i soldi per venirti a trovare ma spero che presto tu possa venirci a fare visita. La tua camera è ancora lì pronta ad accoglierti.
Ti abbraccio forte
zia Mary

Chissà che balle aveva inventato quel povero balordo. Era solo, l’ennesimo povero ragazzo di provincia alla ricerca di fortuna, un’altra vittima del sogno americano, un’altra vittima di quell’infernale città degli angeli.
Il ragazzo si era infilato in quella storia e adesso io con lui.
Continuai a cercare. Solo cianfrusaglia e libri di poesia da finocchi. Del diario nessuna traccia, volevo schiodarmi da quel posto, pensai dove avrebbe potuto tenere nascosto una cosa così importante un tipo come lui. Poi a un tratto un’illuminazione. Cercai il dipinto con quella specie di alberi in decomposizione, spostai verso me la cornice e come un sasso vidi cadere un libercolo con la copertina blu.
Era un semplice quaderno, aprii per vedere che cosa c’era dentro. Formule, formule e formule chimiche, che diavolo, non una cazzo di lettera riconoscibile né un nome o una data.
Come avevo sospettato era qualcosa di veramente grosso anche per me.
Presi il diario lo nascosi nella tasca interna e con estrema calma mi avvicinai alla porta. Dovevo squagliarmela velocemente da quella fogna.

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