Una vita che sono due - II
Intorno alla fontana al centro della piazza, seduti a gambe incrociate su una stuoia stesa sul selciato, due ragazzi con i capelli lunghi e occhi vispi, vestiti come vestivo io trent’anni fa, si danno da fare con fili di paglia e rametti di legno morbido. Le mani si muovono veloci, intrecciano e annodano i materiali con maestria. Mi incanto a guardarli; pochi minuti ed ecco un cestino: quasi un gioco di prestigio. Uno dei due mi guarda e mi sorride, poi mi dice “Ti piace?”. Mi dà del tu e la cosa non mi infastidisce per nulla… anzi! Ultimamente è difficile che qualcuno mi si rivolga senza sottolineare il signora, che a me arriva come un pugno nello stomaco. Ricambio il sorriso al pronipote dei figli dei fiori, rispondo “Si, è molto bellino”. Siamo uno di fronte all’altra, il signorino mi guarda dal basso senza batter ciglia, i suoi occhi mirano direttamente dentro le mie pupille e lo sguardo è così fisso che quasi mi imbarazza. Penso che forse gli ricordo sua zia, penso che potrebbe essere mio figlio, penso che se avessi una ventina d’anni meno… All’improvviso, mentre sono lì che penso, lui incalza: “Come ti chiami?”.
“Chi, io?” rispondo. Ride “Beh! è con te che sto parlando, no?”. Penso che ride bene, troppo bene. “Mi chiamo Ada” rispondo . “Bel nome, affascinante”. Penso che forse mi prende in giro, penso che forse è meglio che mi muova… Invece resto lì e gli chiedo “E te, come ti chiami?”. “A te che nome piace?” continua a sorridere, penso che forse c’ha una paresi. “Ferruccio...” rispondo “Secondo me ti starebbe bene”. “Aggiudicato. E ti andrebbe di prendere un caffè con me?” . Penso che un caffè con lui lo prenderei molto volentieri, penso che non ci sarebbe niente di male, penso che l’amicizia non ha età, penso che… “Allora?… hai deciso?”. Solo ora mi accorgo che ha gli occhi verdi e magnetici, solo ora mi accorgo che non mi guarda come si guarda una zia, solo ora mi accorgo che forse non è così piccolo da poter essere mio figlio. Solo ora mi rendo conto che è meglio darsela a gambe. Stacco, non senza difficoltà, lo sguardo da quei due smeraldi che sono i suoi occhi, il sangue riprende a circolare, il respiro torna regolare. Mi tocco il polso sinistro e faccio finta di guardare l’orologio che non ho: “… purtroppo devo andare, sarà per un’altra volta”. Mi porge la mano piena di anelli , “ok , se ci ripensi io sono qui”. Stringo quella mano magra, fresca e asciutta, sorrido, dico “ok” e poi, via! ! più veloce della luce.
Sono già in fondo alla piazza, ai piedi della scalinata della chiesa dove ci sono le bancarelle del ferro battuto e degli orologi d’epoca, le ultime del mercatino
Stop… fine della corsa.
Di tornare a casa non mi va, vado verso l’ingresso della chiesa e qualcosa attira la mia attenzione: accoccolata come in una nicchia, tra l’ingresso secondario della chiesa e il muro di pietra, una nuova bancarella, mai vista prima.
E’ l’unica, in tutto il mercato, a non avere intorno clienti o curiosi, tutti passano davanti e proseguono, come se neanche la vedessero
Il banco, che dovrebbe servire da piano per la merce, è completamente sgombro
Dietro al banco della merce che non c’è, seduta su una sedia rivestita con velluto rosso fuoco con due braccioli di legno dorato, una donna. Non riesco a collocarla in una età precisa: può avere dai 30 ai 60anni. Che strano, con grande meraviglia mi accorgo che, dipende molto dal punto di osservazione. Ne resto affascinata e, quasi morbosamente, inizio ad osservarla nei minimi particolari…
“Chi, io?” rispondo. Ride “Beh! è con te che sto parlando, no?”. Penso che ride bene, troppo bene. “Mi chiamo Ada” rispondo . “Bel nome, affascinante”. Penso che forse mi prende in giro, penso che forse è meglio che mi muova… Invece resto lì e gli chiedo “E te, come ti chiami?”. “A te che nome piace?” continua a sorridere, penso che forse c’ha una paresi. “Ferruccio...” rispondo “Secondo me ti starebbe bene”. “Aggiudicato. E ti andrebbe di prendere un caffè con me?” . Penso che un caffè con lui lo prenderei molto volentieri, penso che non ci sarebbe niente di male, penso che l’amicizia non ha età, penso che… “Allora?… hai deciso?”. Solo ora mi accorgo che ha gli occhi verdi e magnetici, solo ora mi accorgo che non mi guarda come si guarda una zia, solo ora mi accorgo che forse non è così piccolo da poter essere mio figlio. Solo ora mi rendo conto che è meglio darsela a gambe. Stacco, non senza difficoltà, lo sguardo da quei due smeraldi che sono i suoi occhi, il sangue riprende a circolare, il respiro torna regolare. Mi tocco il polso sinistro e faccio finta di guardare l’orologio che non ho: “… purtroppo devo andare, sarà per un’altra volta”. Mi porge la mano piena di anelli , “ok , se ci ripensi io sono qui”. Stringo quella mano magra, fresca e asciutta, sorrido, dico “ok” e poi, via! ! più veloce della luce.
Sono già in fondo alla piazza, ai piedi della scalinata della chiesa dove ci sono le bancarelle del ferro battuto e degli orologi d’epoca, le ultime del mercatino
Stop… fine della corsa.
Di tornare a casa non mi va, vado verso l’ingresso della chiesa e qualcosa attira la mia attenzione: accoccolata come in una nicchia, tra l’ingresso secondario della chiesa e il muro di pietra, una nuova bancarella, mai vista prima.
E’ l’unica, in tutto il mercato, a non avere intorno clienti o curiosi, tutti passano davanti e proseguono, come se neanche la vedessero
Il banco, che dovrebbe servire da piano per la merce, è completamente sgombro
Dietro al banco della merce che non c’è, seduta su una sedia rivestita con velluto rosso fuoco con due braccioli di legno dorato, una donna. Non riesco a collocarla in una età precisa: può avere dai 30 ai 60anni. Che strano, con grande meraviglia mi accorgo che, dipende molto dal punto di osservazione. Ne resto affascinata e, quasi morbosamente, inizio ad osservarla nei minimi particolari…
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