venerdì 6 aprile 2007

Secondo

di Alice

I - II

Non abitava tanto lontano da casa nostra, la mia “cara nonnina” , le piaceva molto se le dicevo così: dopotutto ero l’unico nipote maschio che aveva.
Lei ascoltava tutte le volte attentamente quello che le raccontavo e mi rispondeva, sempre. È forte mia nonna.
Non so proprio da chi abbia preso mio padre per essere così diverso da sua madre e limitato nei propri pensieri.

Aprii il cancelletto del giardino che portava sul retro della casa. Non sono mai entrato dalla porta principale della casa di nonna, anzi penso proprio di non averla mai vista aperta quella porta.
La trovai in giardino con l’annaffiatoio in mano a parlare con le sue piante e con la vecchia Lulù che le girava tra le gambe: ‘un giorno o l’altro la farà inciampare’ pensai.
“Ciao nonna!”
“Ciao amore. Mi aiuti per favore, mi riempi quest’affare” mi disse spingendo l’annaffiatoio verso di me. “Vuoi un pezzo di torta?” continuò “L’ho fatta questa mattina, ma penso sia ancora buona, poi ci metti la cioccolata ed è perfetta!”. Senza aspettare la risposta salì a fatica le scale ed entrò in casa lasciando la porta aperta.
Mi toccò finire di annaffiarle le piante. Poi con la gatta in collo salii anche io.
Indaffarata in cucina non la si vedeva, tutta curva sui fornelli e quasi più bassa del tavolo.
Mi misi a sedere su una sedia e presi a guardarmi intorno con la Lulù che faceva le fusa sulle mie ginocchia.
Guai se tentavi di aiutare mia nonna se non era lei a chiedertelo espressamente, si girava ad aggredirti come un cane affamato a cui tenti di toccare la ciotola.
La nonna venne verso di me con un piattino ed una bottiglietta di succo di frutta e me li mise davanti. Andò a sedersi sulla poltrona dietro le mie spalle e prese i gomitoli di lana per cominciare l’ennesimo lavoro a maglia da conservare con tutti gli altri negli armadi: per chi, non ne ho idea.
Restammo in silenzio finché non ebbi finito di ingurgitare tutto. Ero uscito di corsa da casa senza finire di cenare e quel pezzetto di torta mi tirò su di morale.
“Nonna resto qui a dormire stanotte. Ok?”
“Certo amore.”
Lei non faceva mai domande, si limitava ad acconsentire a tutto quello che io le dicevo. Solo io, perché con mio padre non facevano altro che discutere. ‘Quell’uomo è odioso’ pensai, nemmeno con sua madre riesce ad andare d’accordo.
“Daresti da mangiare al gatto, amore.” mi chiese.
In modo automatico mi alzai, portai la Lulù davanti alla sua ciotola e la riempii di pezzetti di pollo che mia nonna cucinava a posta per la vecchia gatta, poi tornai a sedermi.
“Ho discusso con tuo figlio” cominciai a parlare “non lo sopporto più, non fa altro che sgridarmi per qualsiasi cosa. Nonna non ce la faccio davvero più! Non posso vivere come lui che ha cinquan’anni: lavoro – casa e casa – lavoro. Per chi mi ha preso! E poi sempre con questa storia dello studio: ‘devi studiare’ solo questo sa dirmi e vuol sempre avere ragione lui. Poi ci si mette anche quella gallina della mamma ad incoraggiarlo. Mi urlavano tutti e due contro. Ho preso e sono uscito.”
Mia nonna restò impassibile, continuando a muovere i ferri e la lana talmente veloce che avrebbe potuto rifornire un negozio di vestiti in poche ore. A pensarci bene il mio discorso non era per niente chiaro, non sarei riuscito nemmeno io a capirlo se non fossi stato io stesso il protagonista di tutta la faccenda.
All’improvviso si alzò ed andò verso la vecchia camera di papà, la gatta dietro come un segugio.
Sentii un arruffio di sportelli che si aprivano, sacchetti di plastica scartati e poi di nuovo i passi di mia nonna che tornavano in sala.
Venne verso di me con un foglio e me lo porse.
Erano i risultati degli esami di papà che era solito appuntarsi tutto dopo ogni esame, quando era giovane come me.
“Perfetti. Come tutto quello che fai lui” commentai con una punta di rabbia.
La nonna si rimise sulla poltrona e riprese il lavoro a maglia.
“Amore, non devi pensare di dover imitarlo in tutto e per tutto. Devi essere te stesso e trovare la tua strada. E poi giralo, quel foglio.”
Sul retro vidi tanti scarabocchi e altri voti, ma.. ma non è possibile, pensai. Erano voti bassi, non da mio padre.
“Non tutti riusciamo al primo tentativo” concluse lei, sorridendo.
“Grazie” le dissi. Mi alzai e le stampai un bacione sulla guancia. Ero certamente il suo nipote preferito, ne sono sicuro.
Tornai in giardino e mi misi sul dondolo, volevo stare un po’ da solo, in pace e in silenzio. Lulù mi seguì e si accoccolò accanto a me.
In casa vidi che la nonna si era alzata, ma questa volta per andare al telefono.
Non riuscivo a capire molto bene cosa combinava, ma pensai che stesse chiamando casa mia.
Infatti. Cominciò ad urlare alla cornetta, dato il suo udito finissimo: “Carlo, sono la mamma. Non ti preoccupare. Si si, è qui. Stai tranquillo, dorme da me stanotte. Ciao”. Spero che mio padre non abbia urlato troppo a telefono, quando si trattava di me, sapere essere una vera bestia.
“Io vado a dormire” mi disse la nonna “Te fai pure con calma, ricordati però di chiudere bene la porta quando rientri. Buona notte amore.” La luce si accese nelle scale interne e poi al piano superiore.
Alzando gli occhi al cielo vidi molte stelle e qualche nuvola. Intorno a me c’era un silenzio quasi tombale, interrotto ogni tanto dal rumore delle macchine che passavano.
Non so quanto tempo restai fermo, sdraiato, fissando il vuoto. Tutto era buio ad eccezione del lampione centrale del giardino.
Pensavo alla mia vita.
‘Più di due terzi da vivere, se mi va bene. Però ancora molti anni da sopportare mio padre. Mi dispiace per la nonna, chissà quanto resterà ancora con noi. Non voglio che mi lasci da solo. Caterina.’ L’immagine di lei nella testa mi risvegliò di colpo.
Me la vidi davanti, mi squadrava con occhi cattivi pieni di delusione.
‘Sarebbe finita così tra noi due tra qualche anno, non sono alla sua altezza’, mi interrogai. ‘Non voglio pensarci ora’. Mi scrollai di testa i brutti pensieri e tornai con la mente alla prima volta che la vidi.
Lei, accanto a quell’essere spregevole che diceva di esser mio amico solo per mostrasi migliore di me, aveva un vestito fantastico che lasciava spazio a tutte le immaginazioni, i capelli raccolti ed un sorriso da favola.
Gessica, Ilaria e Camilla stavano dando sfogo a tutto il loro vocabolario di volgarità contro Andrea e Caterina, ma soprattutto Andrea.
“Stronzo” fu l’ultimo commento di Camilla che sentii, mentre le amiche continuavano ad incitarla. La poverina era una delle tante vittime del ‘bastardo infame’, così lo definivano.
Noi ragazzi zitti. Eravamo tutti intorno al tavolo del pub a discutere di non mi ricordo quale calciatore comprato per un botto di soldi e che non era ancora riuscito a fare un goal.
Non facevamo mai caso ai discorsi delle donne del gruppo, ma ci eravamo zittiti notando la compagna di quella sera di Andrea, dato che entrando nel locale aveva fatto di tutto per farci voltare verso di lui.
“Non ci posso credere” disse Lorenzo “una diversa ogni sera. Ma come fa!”.
“E poi tutte da calendario” assentì Iuri.
“Mi raccomando, attendi a non sbavare” ringhiò Gessica voltandosi verso di noi con tutta la rabbia che aveva in corpo. In effetti non penso che nessun ragazzo l’abbia mai guardata come ci girammo noi a fissare Caterina quella sera. Che la natura non sia stata buona con lei ce ne eravamo accorti, ma povera Gessica, anche il suo carattere da acida zitella non l’aiutava.
“Ragazzi basta, ha ragione la nostra Gessica. Quella da uno di noi non si farebbe nemmeno pulire le scarpe.” Iniziò Fabio “Andrea ha un suo charme che nessuno di noi può raggiungere”. Gli piaceva troppo essere l’egocentrico del gruppo, pensai io.
“E nemmeno il suo bottino” concluse Iuri, ironizzando su tutti i soldi della famiglia di Andrea.
“Troppo snob” fu l’unico mio commento, tra un sorso di birra e l’altro.
A pensarci meglio quella sera non guardai bene Caterina. Mi voltai solo per osservare il suo aspetto, sopraffatto dall’istinto di uomo che era in me quando nelle vicinanze vagava una ragazza con un mini vestitino come il suo.
Chissà dove l’avrà ficcato poi, pensai, mentre la Lulù si stirava e si riappallottova non riuscendo a trovare una posizione sul dondolo. Da quando stiamo insieme ha fatto sparire ogni abito che la mettesse in mostra, o almeno quando è con me non li indossa.
Quella sera, al pub, Caterina non si voltò nemmeno verso di noi. Me la ricordo a braccetto di Andrea, e poi di fianco a lui al bancone, mentre si faceva offrire da bere e rideva a crepapelle.
Che fosse davvero così simpatico Andrea, non l’avrei mai detto. All’università sapeva essere odioso in tutto.
“Ma con le ragazze ci sa fare” mi disse Iuri, riconoscendo l’odio che stavo provando verso il nemico, ma attirando su di sè sguardi di ira di Camilla, Ilaria e Gessica.
Quando per Andrea e la sua affascinante accompagnatrice giunse il momento di andarsene io e il mio gruppo di amici eravamo tornati a parlare d’altro. Lui però ci venne in contro con il solito sorriso idiota - che mantiene tuttora - “Ciao ragazzi, com’è? Vi presento Caterina” Lo disse con un tono di sufficienza che aumentò il rancore di tutti. Ci presentammo uno ad uno; solo Camilla scoppiò a piangere e non disse il suo nome, ma si rintanò tra le braccia della amica.
“Piacere” disse Caterina. La sua voce era dolce e simpatica: chi l’avrebbe mai detto. Continuava ancora a sorridere a fianco di Andrea e non era affatto imbarazzata davanti al nostro gruppo.
“Noi ce ne andiamo per stasera. Ciao belli.” disse Andrea beffardo. E prendendo nuovamente Caterina a braccetto la condusse fuori dal locale. In sottofondo il pianto di Camilla che si faceva sempre più lagnoso.
Che strano pensai alzandomi dal dondolo e tornando con la mente al presente, perché questo ricordo ora.
Presi la gatta in collo e la portai in camera con me. L’appoggiai sul letto che la nonna aveva preparato in non so quanti secondi e mi ci infilai, levandomi solo le scarpe.

1 commenti:

filsero ha detto...

Immagino Camilla sia l'ex di Andrea... A questo punto sono curioso di sapere come ha fatto il protagonista a conquistare Caterina. Di sicuro ha risorse che forse lui stesso ignora!

All'inizio del flashback non capivo se gli altri della comitiva già conoscevano Caterina oppure no... forse mi sarebbe stato chiaro se non l'avessi chiamata per nome, prima della presentazione. Ad esempio riferendoti a lei solo con frasi tipo "la compagna di quella sera", "la sua affascinante accompagnatrice". Poi continuando a leggere ho capito, quindi questa osservazione non è poi così importante :-)