mercoledì 4 aprile 2007

Una vita che sono due - III

I - II - III- IV


La Bancarella dei Sogni

(3)


La donna ha in testa un cappello bizzarro colore verde mela con fiori di carta velina coloratissimi ben sistemati sulla larga tesa. I capelli bianchi, composti in una lunga treccia, le ricadono su una spalla
Indossa un vestito blu notte di raso, lungo fino alle caviglie, i polsini e la cintura dello stesso colore del cappello. Scarpe in camoscio, rosa, a punta tonda e tacco a rocchetto
Infine, sulle spalle, meraviglia delle meraviglie: un mantello enorme di stoffa pesante - di quella che cade bene. Il colore, cangiante, tra il viola e il fucsia con la fodera bianco latte
Alle mani porta un paio di guanti leggerissimi colore albicocca. All’anulare sinistro una fascia d’argento con una pietra minuscola incastonata al centro
La posizione è eretta e al contempo rilassata. Le braccia abbandonate lungo i braccioli della sedia, il volto sereno. Solo gli occhi si muovono, ad un ritmo costante, coprendo avanti e indietro la breve distanza tra il mignolo ed il pollice della mano sinistra che tiene appena sollevata col il palmo rivolto verso di sé
Pare che stia leggendo un libro. Anzi, indubbiamente, sta leggendo un libro. Ma… un libro non c’è!
“Buongiorno” dice la donna senza alzare gli occhi dalla lettura. Mi prende un po’ alla sprovvista “Buongiorno” rispondo “interessante la sua bancarella…”
“ Sono contenta che le piaccia”
“ Ma di preciso che cosa… non so come dirlo, forse le sembrerò sciocca… cioè, mi piacerebbe sapere…” forse meglio non insistere “ scusi forse la sto disturbando…”
“No non disturba affatto, vendo ciò che vede?
“Beh, sinceramente non vedo niente”
“ Certo, i sogni non si vedono quando si è svegli”
“Vuole dire che lei vende sogni? veri?”
La donna alza lentamente la testa, la piega leggermente di lato, mi guarda e risponde “esattamente” . Mi invita a sedermi, mi sistemo su uno scalino di pietra. Le faccio una specie di interrogatorio riguardo al suo strano lavoro, lei risponde con spiegazioni precise e dettagliate
“Ma lei, i sogni, in che modo li vende?”
“Vendere non è il termine esatto. Diciamo che li regalo”
“Intende dire che non vuole niente in cambio?”
“Soltanto una cosa: che mi siano raccontati. Scommetto che lei è una di quelle persone che sognano molto. Ho indovinato? ”
“ Si. Purtroppo non ciò che vorrei. Soprattutto, negli ultimi anni. E’ come se si fosse cancellata una buona parte della memoria. I sogni sono confusi e al mattino non mi ricordo più nulla… è un po’ lo stesso anche per la realtà: non ho molti ricordi. Sarà la vecchiaia, oppure…”
“Oppure sofferenze che la mente tenta di soffocare. Succede. Anche io sognavo tanto… un tempo. Poi un giorno è tutto finito. Buio completo. Niente più sogni”
“ Oh, mi dispiace, davvero ”
“Beh! non è il caso di rattristarsi…” fa un gesto largo con il braccio, la mano rivolta al banco, sorride: “come vede mi sono organizzata”
“ Allora veniamo agli affari” dico “voglio comprare uno dei sui sogni… Cosa devo fare?”
“Semplice. Scelga tra gli oggetti in mostra quello che più le piace, lo tenga tra le mani e… il gioco è fatto. Ogni oggetto conduce in un sogno. Possono essere sogni fantastici o incubi terribili ma non si può sapere fino a quando non ci si è dentro. Una cosa è certa: in ogni sogno, bello o brutto che sia, è celato un messaggio inviato direttamente dall’inconscio. A volte è di facile lettura, altre un po’ meno e allora bisogna impegnarsi un po’ per capire”
Forse è matta, penso. Sto per chiedere quali oggetti, visto che la bancarella è vuota, ma lei mi precede: apre una piccola cassapanca che ha vicino alle gambe: “Ecco, scelga”
Quella che sembrava una piccola cassapanca in realtà era un pozzo senza fondo! allungo il collo per sbirciare all’interno
“ Quelle “ dico indicando un piccolo paio di scarpe nere di vernice lucida, con un laccetto fermato da un bottoncino bianco di madreperla
La donna le prende con delicatezza e le consegna nelle mie mani …



Le scarpette della festa

Ho cinque forse sei anni. Sono in una casa che mi è familiare ma non è la mia. Quartiere popolare, casette a tre piani, squadrate, un po’ tristi
Una camera. Tanta gente
Un uomo dorme, tutto vestito, sul letto rifatto. Lo conosco, è Emilio, un vecchietto buono con la barba bianca, un amico di famiglia
Perché sono qui ? E’ un ricordo che dopo tanti anni riemerge… oppure uno dei tanti sogni che animano le mie notti?
Quel letto, lui con le mani incrociate sopra la pancia, tutto vestito di nero. E com’è strano il colore della pelle del suo viso, non lo avevo mai visto un colore così
Ho paura ma non capisco bene di cosa. Che c'è da aver paura? E’ Emilio...
Sarà per questo strano e pesante silenzio che riempie la stanza e tutta la casa
Sono in piedi, in un angolo della camera, immobile con le gambe incrociate, le mani dietro la schiena e le dita attorcigliate
Mi scappa la pipi ma non so come dirlo: mi sembra brutto in questo momento
Mia nonna stamani mi ha vestita a festa, ricordo di essere uscita da casa saltellando e canticchiando, felice. Mi sentivo bellissima con le mie scarpette nere di vernice, la mia gonna a ruota e il cappotto bianco di lana morbida con la pelliccia sul colletto e sulle maniche, stretto alla vita da una cintura
Che strana… tutta questa penombra. E poi, perché Emilio sta così immobile? E chissà perché le voci della gente sono un bisbiglio
Ma certo!!! che stupida! Tutti parlano in silenzio per non svegliarlo. Sssssccc… sta dormendo.
Buffo però, non si muove per niente. Certo che è bravo a stare così fermo…
La pipì mi scappa forte “non ci devo pensare non ci devo pensare…” dentro la testa ripeto la mia canzone preferita: “volevo un gatto nero, nero, nero… tu me lo hai dato bianco e con te non gioco più…” Funziona!
Guardo verso la finestra… SBARABAAAMMM ! il vento la spalanca con una spinta e la porta della camera sbatte forte facendo un grande rumore
Mi giro di scatto verso il letto, penso: “ecco, ora si sveglia. Per forza” mi aspetto che apra gli occhi ma questi restano chiusi
Sento un brivido, ho freddo, solo ora mi accorgo che è la stanza ad essere gelata
Inizio a dondolare su me stessa. Stringo le gambe. Cerco di dare un senso a tutto ciò che mi sta intorno ma è troppo difficile
Inaspettatamente le mie gambe si muovono, mi portano verso il letto
Mi avvicino all’uomo disteso, ho la tentazione di tirargli la barba, come ho fatto tante volte, invece sono attratta dalle sue mani. Allungo lentamente il braccio e appoggio una mano sulle sue
Provo una sensazione spiacevolissima: quelle mani non erano più calde e morbide ma fredde e rigide come quelle di una statua di marmo. E proprio come una statua resto: rigida
Sembra il gioco delle belle statuine, tutto si ferma, per un tempo che sembra infinito. Poi… un due tre, stella! sento un urlo agghiacciante, disperato, interminabile. E’ la mia voce, sono io ad urlare, ma gli altri non sembrano udire, sono forse sordi!!!!
Mi rendo conto, allora, che l'urlo non è uscito veramente, è rimasto dentro. Comincio a capire tutto il mio disagio e la mia paura: era quella la morte! ed io l’avevo toccata

Mi sveglio
E’ tutto finito, eppure…

“Ancora oggi non riesco a liberare quel grido che è rimasto prigioniero dell'anima. Ancora oggi non riesco a dimenticare il calore umido che sgorgava dal mezzo delle mie cosce e colava giù, fino a formare un piccolo laghetto intorno ai miei piedi, inzuppando le mie scarpette della festa”

1 commenti:

Anonimo ha detto...

molto coinvolgente, soprattutto la storia delle scarpe e l'attimo della coltellata subita... mi è piaciuto! Forse quello che manca è un filo conduttore a guidare le dinamiche della protagonista fra casa e mercato, però probabilmente debbo solo aver pazienza ed attendere i prossimi episodi.