venerdì 26 novembre 2010

Una notte di un’estate calda in una sola frase a Milano negli anni settanta, un ragazzo.


Se c’è un lusso a non aver fratelli è una stanza tutta per sé, che poi era il mondo avventuroso oltre le quattro mura sempre pronto ad accoglierlo appena entrato per la porta laccata bianca su cui era appeso l’orso di pezza, come impiccato, ma vigile guardiano delle sue cose, confidente anche, talvolta supervisore dallo sguardo di plastica luccicante che si intuiva anche al buio della notte di poco rischiarata dalle luci della strada che si affacciavano in quell’estate calda che costringeva a lasciare aperti i vetri per far entrare un po’ di fresco accompagnato da quei rumori strani che proponevano le strade attorno con voci irruenti o discrete ad interrompere e accompagnare i sogni, sterzandone il corso, agitandoli, fornendo argomenti per scene di disarmante semplicità o storie surreali, come i filmeschi scontri di indiani rapidi a cavallo lungo luminose distese di polvere secca fra montagne di pietra rossa al tramonto

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martedì 17 febbraio 2009

ID di una nidiata interdetta


In marcia senza meta, come soldati pronti alla guerra, eravamo in molti, armati di domande e poche, vaghe risposte, capendo che una soluzione era ignorare.
Le generazioni capitate prima possiedono una loro guerra di morte e resurrezione dell’uomo già ragazzo, una guerra assente ha segnato la nostra,
la guerra che non ci ha svezzati per lasciarci cuccioli cresciuti, reclute inermi di una generazione interdetta incapace di sentire la propria voce al di sopra dello sferragliare delle cose.
Dediti a coltivare piccole battaglie interiori, reduci di una guerra mai stata eppure sempre presente, ignoriamo la paura di morire vivendo la paura di vivere.
Ora stiamo svegli con vene, come piccole spille, a graffiare le pupille fisse su cose immobili dopo aver inseguito ad occhi chiusi le fragili stelle nel dentro delle palpebre. E tutto intorno rumore e silenzio complottano a perderci i pensieri in labirinti di dritti corridoi che conducono a porte disegnate sul muro.
Oblio e noia, rabbia e gioia al di sotto degli argini perché quelli che dovevano frantumare il mondo ora incassano i trenta denari rubati al nostro futuro.

domenica 11 gennaio 2009

We are ready to "D Y E"!

DYE è il nuovo libro di Massimiliano Moscarda, un apprendista, anzi tra i primi apprendisti scrittori di questo blog.
Per chi già non l'avesse già acquistato e letto, ecco che cosa vi siete persi e come potete rimediare:

DYE è il secondo di una serie di romanzi gialli che hanno come protagonista Claire Handel, una giornalista londinese dotata di un'umanità e di un acume investigativo che vi conquisteranno.
Massi presenta così il suo romanzo:

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giovedì 11 dicembre 2008

Al posto suo

PROLOGO

Oggi è nata Rebecca.
Sono così emozionato, estasiato, allibito, che ogni piccolo gesto di mia moglie e della bambina mi sembrano totalmente irreali. Mi guardo intorno ed è come se non fossi davvero io a vedere, come se quelli non fossero i miei occhi o le mie mani, le mie gambe. Mai provata una tale sensazione.
Adesso lei esiste, si è fatta carne ed ossa, la posso annusare, toccare, sentir piangere, guardarla in ogni lieve cambiamento che subirà quotidianamente. Non è più soltanto frutto della nostra immaginazione o quel gonfiore informe nella pancia di Cristina. Non è più quell’immagine inanimata che assemblavamo nella nostra mente con pezzi scelti a caso o deliberatamente. Adesso possiamo tenerla in braccio, accudirla, darle da mangiare, scegliere il meglio per lei. Possiamo amarla, insomma.
Anche Cristina, mia moglie, ha tanti progetti per la nostra bambina, proprio come me. Vogliamo il massimo, il meglio per lei; vogliamo che tutto sia perfetto, in modo che per Rebecca la vita diventi semplice, con meno dolore possibile, con meno frustrazioni possibile. Noi ci pensiamo a queste cose, non vogliamo lasciare niente di intentato, di casuale per lei. Le cattive influenze di questo mondo oggi sono infinite e noi vogliamo starci attenti, tenere la piccola in un ambiente protetto, sicuro, dove esistono soltanto cose belle ed accessibili con facilità.
Sarò un padre oculato io. Niente mi sfuggirà, ne sono sicuro, perché l’amore è proprio questo; ed è questo che io voglio per mia figlia.

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mercoledì 5 novembre 2008

II - Il Lungo Volo

I - II

Ora, dico io, un conto è se hai mangiato pesante la sera precedente - allora te lo meriti di fare brutti sogni e avere una notte agitata - un conto è avere un incubo così vivido e reale che te la fai addosso dalla fifa e ti pare che tutto stia accadendo veramente.
Apro gli occhi. Mi aspetto di trovarmi nella sicurezza del mio letto, della mia stanza. L’aereo, la vecchia, la siringa, il fagiano volante... nient’altro che un brutto sogno.
Mi guardo intorno con ansia. Purtroppo il mio timore è confermato: come mi aspettavo, sono sempre sull’aereo e al mio fianco la centenaria un po’ suonata mi guarda con estremo interesse.

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mercoledì 1 ottobre 2008

I - Il Lungo Volo

I - II

“Desidera qualcosa da bere, signore?”
Guardo l’hostess che mi fissa sorridente e mi chiedo come le persone possano solo pensare di mangiare o bere qualcosa quando si trovano inscatolate a trentamila metri da terra in un aereo.
Faccio segno di no con la testa fissando l’assistente di volo e rimango ipnotizzato dall’arzigogolata acconciatura che è riuscita a farsi in testa per andare a fare il suo lavoro.
L’hostess passa oltre con il suo sorriso stampato in viso.
Sospiro e provo a riconcentrarmi sul libro che sto leggendo. Da quando l’aereo è decollato, circa un’ora fa, avrò letto trecento volte la stessa frase.
Non c’è niente da fare: volare mi terrorizza.

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domenica 14 settembre 2008

Monologo di un uomo in prigione

“Scricchiola. Produce un suono fastidioso. Lo so che è la seggiola, solo e soltanto la seggiola, eppure io sono sdraiato sul letto.

Devo traballare. Devo muovere queste gambe, così schifosamente magre.

Qui puliscono. E’ la mia stanza e la puliscono a fondo. Che balordi. Ingenui. Però io poi pulisco le loro stanze. Balordo anche io. Mi alzo presto e la notte fatico a dormire. Potrei scrivere. In effetti potrei scrivere, ma non ne sono capace. Merda. Non ci riesco. Se solo potessi parlarle invece di scriverle. Se solo potessimo fare l’amore io e lei. Ancora.

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lunedì 7 luglio 2008

Suonano?



“Il mio uomo balla il tango. La sera quando per molti è l’ora di ritirarsi, c’è un locale, brutto da paura. E’ qui che fino a notte tarda vengo a vedere il mio uomo che balla. La strada buia, le case alle finestre qualche luce già si spegne, le vie quelle più strette e fatte di pietra, l’ultimo vicolo tiene nascosta l’entrata oltre una tenda lurida, qui dentro balla il mio uomo. Sa che ci sono ma sempre mi ignora, per lui è solo la musica, è solo le tavole che tiene sotto e batte coi tacchi. Mi tradisce ballando con le donne, quelle vere che con lui ballano, che fanno l’amore con lui, mentre tutti guardano, e anch’io.
Dentro c’è fumo tutto attorno e musica sempre, di giorno non sono mai entrata, la luce qui noni si muove bene. Fumo e musica, l’odore e il sapore del vino rosso, e il sudore del caldo della gente, e il cibo. E’ una cappa che fa l’atmosfera dove lui balla ed io guardo, lontana, quando mi tradisce, ma io ho qui con me un pugnale, ho con me un pugnale che nessuno vede.”

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martedì 10 giugno 2008

L'eclissi del 1999

Si svegliò improvvisamente che non si era ancora fatta mattina. Una luce appena dorata penetrava dalle fessure socchiuse delle imposte mentre un vago senso di inquietudine si impadroniva lentamente di lui mano a mano che prendeva coscienza.

Che giorno era quello? E perché si sentiva così?

Strizzò gli occhi nel tentativo di distinguere nella fioca luce della stanza la data cerchiata in rosso che spiccava sulla pagina del calendario appeso alla parete di fronte.

11 agosto 1999.

Sì, non c'erano dubbi. Il giorno era quello ed era arrivato. Lo stava aspettando da settimane.
Ne sentiva l'afflato da quando giornali e TV avevano dato voce ad astronomi e scienziati e pagine e servizi erano state dedicate all'evento. E da allora aveva sentito nascere dentro di sé una sensazione di crescente e indefinibile angoscia.

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mercoledì 6 febbraio 2008

Una Vita che sono Due - IV

La donna è ancora lì, seduta di fronte a me, nella stessa posizione
“Tutto bene?” mi chiede
“Si, tutto bene. Ci sono riuscita. Quanto tempo è trascorso? ”
“Quasi cinque minuti. Era un incubo vero?”
“Eh, insomma. Ma non si preoccupi, per me è abbastanza normale”.
Sembra non mi ascolti più. Sta armeggiando dentro una borsa e, come per magia, ne tira fuori un thermos e due tazze. Le riempie, me ne porge una. Forse è tè, forse una tisana o non so cosa, l’odore comunque è buonissimo. Restiamo qualche minuto, o forse ore, in silenzio a sorseggiare la nostra bevanda calda.
E’ lei che parla per prima:
“Le va di raccontarmi?”
“Si”, rispondo “…certo. Non so bene se era proprio un sogno o qualcosa che mi è accaduto davvero, comunque…”

Quando finisco il mio racconto, dalla chiesa arriva il suono delle campane: dodici rintocchi.
“E’ già mezzogiorno”.
“Gia, e io devo andare a casa. Peccato, mi sarebbe piaciuto trattenermi almeno per un altro sogno”.
“Che problema c’è, prenda ciò che vuole, lo porti a casa e ci vediamo domenica prossima.
“Dice sul serio, posso? “
“Certo che può”
Affondo le mani nella cassapanca e tiro fuori alcuni oggetti, a caso. La donna li sistema in una scatolina di cartone: “Ecco fatto”.
Ci salutiamo, ripercorro velocemente la piazza.
Il ragazzo dei cestini e il suo amico stanno chiacchierando con due ragazze. Mi vede, mi fa un cenno con la testa e gli scappa anche un occhiolino. Sorrido a mezze labbra, abbasso la testa e allungo il passo.

Quando rientro a casa mi domando perché mai non sono rimasta fuori. Mi racconto un po’ di balle, la verità è che avevo voglia di tana.
Rovescio la scatolina sul tavolo della cucina, guardo gli oggetti sparpagliati, ne prendo in mano uno. E’ una foglia secca…



La foglia


“Dove sono, come sono arrivata in questo posto.
Sono già stata qui...ma quando?”

Un vialetto alberato, le foglie cadute formano un tappeto soffice, la luce sembra quella dei cieli dipinti nelle chiese.
Sto camminando ad occhi chiusi ma ugualmente riesco a vedere ciò che mi circonda, sento il profumo degli alberi, percepisco la loro voce, il calore del sole scalda la pelle del viso
Procedo a passo lentissimo. O forse sono ferma... Mi siedo, anzi, vedo il mio corpo che si siede su una pietra ai bordi della strada. Da quella posizione scorgo ciò che prima mi era sfuggito: nascosta dai rovi, l’ingresso di una grotta scavata nella parete della collinetta
Non l’ ho mai vista ma è come se la conoscessi bene. Forse sono passata di qui in sogno. Oppure… un dejà vu ma certo! Ecco, tra venti secondi mi alzerò, toglierò una foglia dalla punta della scarpa, riprenderò a camminare, arriverò fino all’ingresso della grotta e...

“... Adesso basta! Non vi vedo ma sento benissimo la vostra presenza. Chi siete? Perché mi seguite? Non potete, questo è il mio sogno, andatevene!
No. Aspettate, non volevo essere scortese. Seguitemi, se volete, ma sappiate che non potrete più tornare indietro: resterete, come me, prigioniero del ricordo di questo incanto e passerete di qui ogni giorno, tutti i giorni, per l’eternità...”


Contemporaneamente…

Il movimento del mare annuncia una tempesta. Il vento che adesso sta dolcemente spazzando via le foglie dalle strade del borgo tra breve diventerà una furia... è sempre così
Un vecchio fuma il suo sigaro, seduto ad un tavolino nell'angolo più nascosto del bar
La testa dritta, la mano sinistra ben serrata sul pomello del bastone, lo sguardo perso nel vuoto, al di là della linea che separa il mare dal cielo
Davanti ai suoi occhi scorrono immagini che arrivano da molto lontano:

Un vialetto di campagna,
il profumo dell’erba bagnata,
la voce degli alberi , il sole sul volto.
Una giovane donna è seduta su una pietra
ai bordi della strada.
E’ assorta, sta pensando chissà a che cosa.
Guarda di fronte a sé, si alza, toglie una foglia
dalla scarpa, si avvia verso l’ingresso di una grotta.

All’improvviso si volta, gli dice qualcosa, poi riprende a camminare.

Lui la segue…

La tempesta è arrivata ma il vecchio resta lì, fermo. Non sente e non vede più nulla se non le immagini che gli attraversano la mente e che hanno riempito la sua vita ogni giorno, tutti i giorni: Il ricordo del profumo di primavera e di un vialetto alberato che in un tempo molto lontano ha percorso. E quella grotta, dove lei sparì per non tornare mai più.

giovedì 27 dicembre 2007

Consigli per il Natale: Mi raccomando: Tutti vestiti bene.



Anche quest‘anno il Natale è riuscito a prendermi rincorrendomi per i centri commerciali e fra le luminarie del centro. Centri e centro! Coincidenza?
Anche quest’anno tutti a benedirsi : “Se non ci vediamo più ti faccio gli auguri, e alla tua famiglia”, poi ci si continua a vedere e ad ogni volta “Se non ci vediamo…”.
I bimbi invece parlano dei regali che sicuramente Babbo Natale gli porta, per non sbagliarsi scrivono l’elenco di questi in ordine di importanza, forniscono una copia a mamma, una a papà, nonni, zii e chiunque possa avere a che fare con loro.
Me ne è capitato uno con indicati anche i prezzi, come per le liste nozze.
Infine, come ogni anno, negli ultimissimi giorni mi sono mosso anch’io per quei regali che è bello fare, che è giusto fare, quasi necessario.
Qualcosa di carino, utile e ad una cifra ragionevole: facile vero?

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domenica 2 dicembre 2007

I Ciechi - VIII

[Autrice: Sonia]


I - II - III - IV - V - VI - VII - VIII


Il Libro era la sola cosa razionale e tangibile in quel contesto.
Spesso mi si confondevano le idee, ultimamente mi succedeva un po’ troppo spesso. E poi, in questo mondo parallelo che era la città dei sogni non raggiunti, ormai il rumore della vita mi aveva costretto in comportamenti non edificanti… tutte quelle stronzate con quei disperati delinquenti come me che facevano assurdità parlando a vanvera. E le lenti bianche... Ad un certo punto a forza di tenerle mi dimenticavo, mi pizzicavano gli occhi, vedevo opacizzato. Mi spaventavo come un bambino.


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