I - Il Lungo Volo
I - II
“Desidera qualcosa da bere, signore?”
Guardo l’hostess che mi fissa sorridente e mi chiedo come le persone possano solo pensare di mangiare o bere qualcosa quando si trovano inscatolate a trentamila metri da terra in un aereo.
Faccio segno di no con la testa fissando l’assistente di volo e rimango ipnotizzato dall’arzigogolata acconciatura che è riuscita a farsi in testa per andare a fare il suo lavoro.
L’hostess passa oltre con il suo sorriso stampato in viso.
Sospiro e provo a riconcentrarmi sul libro che sto leggendo. Da quando l’aereo è decollato, circa un’ora fa, avrò letto trecento volte la stessa frase.
Non c’è niente da fare: volare mi terrorizza.
Mi volto alla mia destra dove siede un’anziana signora. Il viso è solcato da tante rughe e gli occhi azzurri risaltano in quel campo arato. Anche lei mi sorride e, riconoscendo nel mio sguardo il terrore autentico, dopo qualche secondo mi dice:
“Ha paura?”
Azzardo un mezzo sorriso:
“Diciamo che non sono esattamente sereno.”
L’aereo prende un vuoto d’aria, lo stomaco mi schizza in gola e con la mano tento di afferrare istintivamente un appiglio invisibile davanti a me.
La signora anziana mi prende inaspettatamente la mano.
“Stia tranquillo”, mi fa.
Io le sorrido grato e lei prosegue:
“Del resto se l’aereo cade, moriamo istantaneamente e non ci accorgiamo di niente.”
Le lascio la mano di scatto con il sorriso che mi muore in viso e rifletto che per lei è facile dirlo: io ho trent’anni, lei almeno cento.
Mi volto dalla parte opposta: ci sono una coppia e un signore distinto sulla cinquantina. Sembrano così beati e tranquilli e mi ritrovo a invidiarli, perché io non ho mai fatto un volo in aereo sereno in quel modo. Torno a chiedermi come si possa essere rilassati in quell’inferno volante.
Il signore distinto in giacca e cravatta si gira verso me, poi come ricordandosi improvvisamente qualcosa di importante si volta di scatto e tira giù lo scuro del finestrino.
E’ stato un attimo, ma ho notato qualcosa di strano. Non ho fatto in tempo a distinguere cosa fosse, ma fuori dall’aereo c’era qualcosa.
Torno a voltarmi verso destra, ma anche da quella parte lo scuro del finestrino è abbassato. Faccio un rapido controllo intorno a me, ma non c’è un solo finestrino aperto da cui possa vedere fuori.
Sto diventando paranoico o c’era davvero qualcosa di strano?
Volgo di nuovo lo sguardo verso la signora centenaria accanto a me e, indicandole con la testa il finestrino, le chiedo se possiamo tirare su lo scuro per guardare fuori.
La vecchia mi sorride placida e mi fa:
“Meglio di no. Non fa bene vedere dove siamo a chi ha paura di volare.”
Questa poi… saprò bene io cosa è meglio fare quando…
Non finisco il pensiero. Questa volta non è un piccolo vuoto d’aria. L’aereo perde quota rapidamente. Stringo fortissimo i braccioli della poltroncina e penso che stiamo precipitando e non mi resta altro che urlare come il resto dell’aereo.
E’ in quel momento che realizzo che, anche se stiamo cadendo a picco, nessuno sta emettendo un suono o un grido di terrore. Non so bene come, ma riesco a guardarmi intorno e rimango esterrefatto: non solo stanno tutti in religioso silenzio come se stessero vedendo un appassionante film al cinema, ma sui volti dei passeggeri è stampato un sorriso beato.
Quando mi riprendo dalla sorpresa, mi rendo conto che l’aereo non sta più precipitando e si è di nuovo stabilizzato perfettamente.
Per l’ennesima volta guardo l’anziana signora.
Se ne sta lì a osservarmi sorridente, come se non fosse successo niente.
“Ma…”, balbetto, “lei non ha avuto paura?”
“Di cosa?”, ribatte lei stupita.
Non so bene cosa risponderle. Dopo un attimo di silenzio, le dico:
“Il vuoto d’aria… quel che diavolo era… l’aereo stava cadendo a picco…”
“Oh, fa lei… a quello ci si abitua… ”
Non le rispondo e rimango in silenzio. Mi verrebbe da afferrarla per il bavero della giacca che indossa e urlarle contro che a volare io non mi abituerò mai. E poi poco fa l’aereo stava davvero precipitando.
“Anche per me era così all’inizio… vedrà che molto presto sorriderà anche lei.”
La guardo con un’espressione ebete in volto: ma di cosa sta parlando?
In quel momento mi accorgo che la hostess è lì accanto a me e… indovina un po’… ha il suo bel sorriso stampato in faccia.
Mi porge la mano e mi dice:
“Bene, tocca a lei.”
“Cosa?”
“E’ il suo turno”, dice l’assistente di volo un po’ spazientita, ma senza perdere il suo sorriso.
“Non capisco, io…”
Non termino la frase, sorpreso dalla siringa che mi ritrovo conficcata nel braccio. L’hostess doveva tenerla nascosta nella mano dietro la schiena.
L’anziana signora mi sorride e dice:
“Oh, non si preoccupi… è la prassi.”
Sento il siero che viene iniettato nella mia vena.
“Che cosa…”
Di nuovo non termino la frase. Giro la testa verso il signore distinto che sorridente mi fa un cenno con il capo e apre il finestrino giusto in tempo perché io possa realizzare cos’era quella cosa strana che avevo intravisto poco prima.
Perdo i sensi sentendo le labbra che si distendono in un sorriso.
Fuori dall’aereo quello strano animale, simile a un fagiano volante, continua a sbattere le ali ritmicamente come a dare propulsione all’apparecchio.
[continua...]
3 commenti:
a quando il seguito???
Mila
a momenti...
fra un paio di giorni la seconda puntata...
Bravo! Bel blog
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