giovedì 16 novembre 2006

II - Stazione

I - II - III - IV

Attraversai tutta la galleria, senza mai voltarmi. Tra l'intrico delle persone in movimento, finalmente riuscii a mettere a fuoco la ragazza del treno. Accanto a lei, l'uomo trascinava la valigia. Pareva freneticamente impegnato a emettere, con la bocca, grandi bolle: con la mano libera sempre in movimento, le faceva poi esplodere all'altezza del viso. Immaginavo che stesse facendo sfoggio delle sue nozioni d'architettura moderna. Che gran capolavoro era, la galleria di testa progettata da Michelucci. Si dirigevano all'ingresso, lato partenze.
Li anticipai, portandomi là di corsa, e appoggiato a una delle transenne aspettai. Quasi subito mi accostò un agente della Polfer. Mi chiese se era tutto a posto. Risposi di sì, che era proprio tutto a posto. Stavo forse aspettando qualcuno? Qual era il motivo per cui mi trovavo a Firenze? Prima di stabilirmi qui cosa facevo? Sembrava molto infastidito e domandava senza mai smettere di masticare una gomma. Molte sillabe dovevano restargli tra i denti, dato che, spesso, troncava le parole prima che riuscissi ad afferrarne il senso. Gli diedi la carta d'identità. Il signore con la valigia e la ragazza ci passarono di fronte: lui parlava ancora, ma ora teneva la mano sinistra dietro la schiena. Si rigirava la fede tra il pollice e il mignolo, con meticolosità, come se stesse regolando il timer di un detonatore.
"Ehi mi stai ascoltan'? Ti ho chiesto dove àbi'."
"Scusi?"
"Do-ve a-bi-ti."
"Io? In viale Guidoni, al 46."
"E da quan'?"
"Da un mese… più o meno."
"E da quanto sei domicilato a Firenze?"
"Da circa sei.""Per lavoro hai detto?"
"Sì… ora sto cercando."
"Capisco. Scusami se sono stato un po' brusco prima. Ma gira certa gen', non sai mai con chi hai a che fare. Anch'io sto da poco a Firen'."
"Mm mm."
"Non è proprio una città molto accoglien'. Come gente dico."
"Eh sì."
"Tu cosa fai la se'? Hai il tuo giro di amicizie?"
"No… cioè sì. Qualcuno."
"Io mi chiamo Mario, piacere."
"Piacere."
"Che ne dici di venire da me a prendere un caffé una di queste sere? Potresti lasciarmi il tuo nume', che ne dici?"
"Il mio…? Ah… non…non ho numero. Cioè, non ho un telefono."
"Capisco. Senti, ti lascio il mio, così se una sera ti va…"
"Mm mm."
"Ho una collezione di pistole a casa davvero stupenda, qualcuna è anche molto antica. La maggior parte le ho eredita' da mio padre, ma anch'io ci tengo molto sai? Ogni tan' ne aggiungo un bel pezzo nuovo."
"…"
"Se non c'è quella stupida della Tizi - la tipa che abita con me - te la farò vedere. Credimi è molto interessan'. Lei è un po' isterica, capisci, si mette a sbraitare ogni volta che la tiro fuori. La collezio', dico."
"Sssì."
Scrisse su un pezzo di carta rosa.
"Ecco questo è il mio numero, tieni. Ora devo andare. Mi raccoman', chiama appena puoi. Piacere di averti conosciuto Fosco."
"Piacere."
Mi fece il gesto di telefonare, strizzando l'occhio tra il pollice e il mignolo, mentre li scuoteva allontanandosi.

3 commenti:

di*maremma*e*di*bugie ha detto...

Questo personaggio di agente della Polfer è molto intrigante e, come direbbe il nostro, "credibile": mi piacerebbe sapere che faccia e che corporatura ha.
Ciao S.
PS
... e vai con l'indiretto libero! (si chiamava così vero?)

filsero ha detto...

Allora credo che Mario ritornerà in carne e ossa e non soltanto con la gomma e la divisa, se riuscirò a continuare la storia...
>... e vai con l'indiretto libero!
>(si chiamava così vero?)
Eh sì è proprio lui! Mi son divertito a girare così alcune frasi particolarmente ingarbugliate...

Felicita ha detto...

Mi e' piaciuto la prima volta e mi continua a piacere.