A proposito del Natale
Sicuramente voi avete buonissime ragioni per amare il Natale, non voglio certo mettere in dubbio la vostra sincerità. Però fate il piacere, mettetevi un poco nei miei panni, giusto per curiosità. Anzi, supponete per un attimo che stiate dormendo e che –vostro malgrado– sognate di essere qualcun altro il quale –guardacaso– son proprio io, uno che adesso odia il Natale.
Bene, in questo sogno –o incubo, decidete voi– siete appena tornati a casa, come del resto fate ogni anno nel periodo natalizio. Vostra madre vi ha aperto e voi la baciate senza nemmeno guardarla, mentre curvi sotto lo zaino da trekking vi trascinate fino al soggiorno, desiderosi di buttarvi sul divano –scucito e smollato quanto si vuole ma pur sempre un gran divano– e già sbuffate per la raffica delle solite inutili domande che vi aspetta.
Appena entrate la prima sorpresa: del divano nemmeno l'ombra. Cosa ancora più strana, nell'angolo non spicca l'alberello sintetico che ogni anno vostro padre tira fuori dal sottotetto, spolvera con qualche schiaffo e dopo innumerevoli tentativi piazza in equilibrio precario accanto al televisore. Volete togliervi lo zaino e mentre lottate per liberarvi da quella matassa di lacci, cinghie e cerniere sentite scricchiolare le vostre articolazioni. O perlomeno così vi è parso. Vi inquietate, dato che avete posato lo zaino per terra, vi siete seduti a tavola, immobili e con l'orecchio teso, ma lo scricchiolìo continua. Finalmente vostra madre appare sulla soglia, siete ansiosi di domandarle perché tutti quei cambiamenti e, soprattutto, cosa diavolo è quel rumore.
Avete buttato giù una sufficiente quantità d'aria per formulare d'un fiato entrambe le domande, avete anche aperto la bocca, aggrottato le ciglia, quando ecco che vi bloccate in un'istantanea. Quella che vi sorride dolcemente non è vostra madre –questo è chiaro– anche se tutto –a parte la vostra inequivocabile percezione– dovrebbe farvi supporre che lo sia. Càpita nei sogni no? Niente di strano, se questo fosse un sogno e non quel che è successo a me.
Mia madre –o chiunque sia quella donna– si siede, sorride stupita per il mio sconcerto, stai bene tesoro? mi chiede. Tesoro? Mia madre non mi ha mai chiamato tesoro. Né figliolo né caro né altre smancerie. Il modo in cui mia madre mi ha sempre chiamato odorava d'alcol dozzinale, come i suoi capelli, e ricordo un solo vago sorriso tra gli zigomi illividiti. Il volto di questa donna invece è luminoso e ben curato e sullo smalto dei suoi denti non si è cristallizzato il fumo di decenni.
Dov'è papà? le chiedo. Tuo padre è a lavoro, quest'anno deve lavorare anche oggi che è la vigilia, ma ci sarà sicuramente per cena, non temere, mi rassicura. Ma quale lavoro? le chiedo, con la mandibola penzoloni. Come quale lavoro, piccolomio! Ma lo stesso di sempre, mi dice, scuotendo leggermente la testa per sottolineare l'evidenza della sua affermazione.
Dov'è la tragedia, vi starete chiedendo: adesso ho una madre sana e bella, un padre che lavora eccetera. E tra qualche ora ci sarà una cena con ogni bendiddio e scommettete che riceverò dei bellissimi regali.
Se l'avete pensato, voglio sperare che stiate scherzando. Quella donna non è mia madre. Buon Natale figliolo, mi dice alzandosi e allargando le braccia. Mi abbraccia e mi bacia sulla fronte e sento lo scricchiolìo di prima amplificato, come se, dentro di me, un cane rabbioso si stesse cibando delle mie proprie ossa.
2 commenti:
Te lo già detto diverse volte, ma a costo di essere noioso e ripetitivo lo ribadisco: questo racconto mi piace. Il rumore, lo scricchiolio è pazzesco...la prima volta che l'ho letto ho avuto addirittura i brividi. Domenica vengo a fare il tifo perchè tu vinca un po' di librini...
Grazie massi! i tuoi apprezzamenti non potrebbero mai annoiarmi! E ti prego non stancarti di ripeterli :-) Certo il rischio è che poi io cominci a prendermi sul serio (...) Spiego la circostanza per chi non la sapesse: questo raccontino è stato scritto per un “micro-concorso” letterario, bisognava presentare al massimo una cartella e il titolo era fissato: Natale ti amo Natale ti odio. Ero convinto che non sarei mai riuscito a far saltar fuori niente da un titolo del genere, ed è contro questa convinzione, più che per l'attrazione del concorso, che poi ho detto: vediamo un po', e piano piano qualcosa è emerso. A volte basta aspettare e qualcosa si materializza, come in un esperimento medianico. Poi però il titolo l'ho cambiato :)
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