[Autore: massi]
“Di nuovo qui.”
Di nuovo? Non ho mai visto questo posto.
Mi guardai intorno. Avevo seguito i due ragazzi nella sfera senza stare a pensarci troppo. Ma ora che ero dentro, avevo la sensazione di aver fatto qualcosa di poco saggio. Mi trovavo in un enorme salone con il soffitto altissimo. Colonne di marmo sorreggevano la volta dipinta. Alzai la testa per osservare l’affresco: un cristallo luminoso fra lingue di fuoco.
“Finalmente, di nuovo qui”, ripeté la donna che mi stava di fronte. Era sulla sessantina e capii subito che si trattava di lei. Gli uomini che avevo inseguito le stavano di fianco, uno a destra e uno a sinistra. Dietro c’erano decine di persone che se ne stavano in silenzio a fissarmi.
“LUI ti stava aspettando. E‘ giunto il momento di ritrovare la luce”, disse Fabienne, “hai portato il libro?”
Mi toccai la tasca dei jeans per verificarne la presenza come in trance. Poi una porta si aprì e lui entrò. Era come lo avevo visto nel sogno. Si avvicinò a me con passo sicuro come se ci vedesse perfettamente. Si tolse gli occhiali rivelando la sua cecità e sorridendo mi disse:
“Era ora che tornassi da noi.”
Finalmente trovai la forza per parlare:
“Chi siete? Cosa volete da me?”
Fabienne si scambiò uno sguardo fugace con i due ragazzi. L’uomo si avvicinò ancora di più a me e posò la sua mano sulla mia spalla. Desiderai toglierla, ma in qualche modo mi trasferiva calma e serenità.
“Non ti ricordi di noi?”
Scossi la testa. La sua voce aveva un suono ipnotico, come il tocco della sua mano.
Fabienne si avvicinò a sua volta, mi prese per mano e mi disse:
“Davvero non ricordi?”
La voce di Fabienne ruppe l’incantesimo del cieco, mi scossi e mi scansai da entrambi ponendo una distanza tra me e loro.
“Ricordare cosa? Io so solo che mi state perseguitando. Nei sogni, di notte, di giorno. Non riesco più a dormire, non distinguo più il sonno dalla veglia. Cosa mi avete fatto?”
Fabienne tentò di avvicinarsi, ma l’uomo la fermò con la mano e disse:
“Ricordi quando ci siamo incontrati per la prima volta?”
Tentai una risposta a caso:
“All’uscita del bar del Truce.”
L’uomo parve sorpreso:
“No, al bar del porticciolo.”
“Non so di cosa sta parlando, non conosco nessun bar del porticciolo!”
“Ti sbagli”, continuò l’uomo, “avevi fissato con Fabienne. Hai parlato con lei. E quando lei se n’è andata, io ti ho rivolto la parola. Ricordi?”
Rimasi in silenzio. Ripensai al sogno con Denise e azzardai di nuovo una risposta:
“Denise è andata in quel bar. Non io. Lei ha parlato con Fabienne per dirvi che mollava tutto, che non voleva più saperne di voi…”
Notai che Fabienne mi fissava con una strana espressione in viso. L’uomo si infilò nuovamente gli occhiali scuri e disse:
“Non perdiamo altro tempo. Procediamo!”
I due ragazzi mi si avvicinarono e mi presero per le braccia.
“Lasciatemi…lasciatemi…”, urlai con quanto fiato avevo in corpo.
Poi guardai Fabienne e le vomitai addosso tutte le accuse che mi vennero in mente:
“Sei stata tu! E’ tutta colpa tua.”
E con sguardo carico di disprezzo che lui non poteva vedere dissi all’uomo:
“Voi avete ucciso Denise, voi avete ucciso mio figlio.”
Sentii le lacrime che facevano capolino.
“Tesoro”, rispose Fabienne venendomi accanto, “del bambino abbiamo parlato più volte. O lui o te…”
“Che diavolo c’entro io. Avete assassinato Denise!”
Fabienne mi prese per un braccio con forza e mi portò davanti a uno specchio.
Nel mio riflesso vidi i lunghi capelli neri e ricci che mi ricadevano sugli occhi. Poi sentii la voce di Fabienne:
“Tesoro, tu sei viva.”
Fece una pausa e aggiunse:
“Sei TU Denise.”