martedì 23 gennaio 2007

Una Vita Noiosa

La mia vita è noiosa. Di certo non mi lamento; con tutto quello che succede al giorno d’oggi e con quanto si sente dire in giro, molti vorrebbero essere nei miei panni. Vivo a Firenze da molti anni ormai, anzi, per quel che posso ricordare, ho sempre vissuto qui. Mia madre mi ha abbandonato subito dopo che sono nato e per diverso tempo ho vissuto in modo randagio vagabondando e passando da un posto all’altro. Poi Tommaso e Claudia, lui dentista, lei giornalista, mi hanno tolto dalla strada, mi hanno preso sotto la loro protezione, mi hanno dato un tetto sotto cui stare e del cibo con cui sfamarmi. Cosa volere di più? Per uno come me abituato a vivere alla giornata per strada è senz’altro più di quanto si possa sperare. Non avrei niente di cui lamentarmi, ma rimane un dato di fatto: la mia vita è noiosa.
Questo è quanto ho continuato a ripetermi per mesi finché ho capito che dovevo fare qualcosa a riguardo, trovare un diversivo e lasciare che Tommaso e Claudia vivessero la loro vita e affrontassero il loro matrimonio senza di me.
Ho iniziato questo processo di distaccamento con gradualità; in realtà distaccarmi da loro non è stato un grosso problema: dicono tutti che sono di compagnia, ma fondamentalmente sono molto indipendente e abituato a starmene solo. Ho cominciato a presentarmi a casa solo per mangiare e dormire e, nei confronti di Claudia, che è sempre stata quella della coppia più attaccata e affezionata a me, ho iniziato a comportarmi in modo più freddo. Lei ha notato subito il cambiamento; ogni tanto mentre stavo mangiando veniva vicino a me, mi guardava con i suoi occhi azzurri e mi carezzava con le sua mani lunghe e affusolate, chiedendomi cosa ci fosse che non andasse. Allontanarsi dalle sicurezze della vita di Claudia e Tommaso è stato un primo passo molto importante per il mio cambiamento, ma chiaramente non era sufficiente: non sono le sicurezze quotidiane che rendono la vita noiosa.
Ho preso allora una decisione estrema; ho deciso di tornare dove avevo vissuto a lungo: la strada. Tornare alle origini mi ha provocato una reazione strana: vedere nuovamente quei posti, sentire quegli odori. Pensavo di trovare quella zona di Firenze trasformata, ma in sei anni non è cambiato poi molto: le strade sono sempre le stesse, il quartiere degradato, la via principale piena di travestiti e prostitute. Mi sono aggirato furtivo tra quella fauna notturna cercando una faccia nota, un viso amico. Le prostitute sembravano non notarmi intente come erano a mostrare il loro corpo a potenziali clienti che si fermavano con la macchina ai lati della strada.
Poi ho visto Miranda. E’ stato quando lei ha rivolto lo sguardo verso di me e mi ha riconosciuto che è scattato qualcosa. Ho capito che quella notte in qualche modo sarebbe stata diversa, avrebbe segnato l’inizio di una nuova vita per me e qualcosa finalmente sarebbe cambiato.
Miranda, che per quanto ricordavo in realtà si chiamava Carlos ed era brasiliano, mi ha fissato a lungo come cercando negli archivi della sua memoria il file relativo a me. Poi nei suoi occhi si è accesa una luce, si è avvicinata a me allontanandosi dagli altri trans e ha esclamato: “Non ci posso credere!!! Tu?!?!” Il tono della sua voce era esattamente come lo ricordavo: basso e roco da fumatore. Ci siamo venuti incontro. L’ho guardata meglio: portava i soliti abiti vistosi con cui l’avevo vista l’ultima volta che ero stato lì, sei anni prima. La parrucca liscia era di un nero luminosissimo che metteva in risalto gli occhi azzurri truccati pesantemente con diverse tonalità di blu. Era sempre magrissima e sempre bellissima. A stento avresti detto che si trattava di un uomo. “Oddio, sono passati degli anni”, ha continuato Miranda, “ma riconoscerei quei due fari che hai al posto degli occhi ovunque! Come potrei scordare due occhi verdi come i tuoi!” Miranda è sempre stata fissata con i miei occhi. Io trovo che siano normalissimi; i suoi azzurri e profondi sono molto più belli, ma ricordo benissimo che anche la prima volta che ci eravamo incontrati Miranda aveva passato i primi 10 minuti a elogiare i miei. E’ rimasta per qualche secondo ferma e zitta, indecisa se abbracciarmi o meno. Poi mi ha stretto fra le braccia e io ho sentito l’odore del suo trucco e dei suoi vestiti misto al sudore della sua pelle.
Alla fine si è staccata da me e mi ha guardato nuovamente: “Oddio, hai un’aria così sbattuta! Ma stai bene? Senti, sto per staccare, stasera non è una gran serata, perché non vieni da me che ti do qualcosa di buono da pappare…” Miranda mi ha sempre parlato con questo tono, il tono con cui le madri si rivolgono ai propri figli. Così Miranda ha staccato, ha salutato le altre prostitute che dividono la strada con lei e mi ha portato a casa sua.
Anche la casa mi era familiare; c’ero già stato almeno due o tre volte. L’ambiente era piccolo, ma Miranda lo aveva reso molto intimo e carino. Aveva gusto per l’arredamento. Mi sono adagiato mollemente sul divano; Miranda è sparita nel bagno per una ventina di minuti e quando ne è uscita era di nuovo Carlos. Si è diretto in cucina continuando a parlare e raccontarmi la sua vita e in quel momento ho capito che c’era qualcosa peggiore di una vita noiosa come la mia: la vita insulsa e solitaria di Miranda. Realizzare questa cosa avrebbe forse dovuto farmi sentire meglio e qualcun altro al mio posto dopo questa inebriante scoperta sarebbe corso di nuovo a casa da Tommaso e Claudia. Ma la mia reazione è stata diversa: non so bene il motivo, ma la rabbia che ho provato inizialmente per la vita inutile di Carlos si è trasformata ben presto in una sensazione diversa. L’adrelina ha cominciato a entrarmi in circolo e ho capito di essere eccitato: la vita senza senso di un derelitto come Carlos mi eccitava e mi esaltava. Ho realizzato che ero stato portato nuovamente lì con un preciso compito; forse potevo fare qualcosa per lui e per me, qualcosa che avrebbe reso la mia vita meno noiosa e la sua meno inutile.
Quando Carlos è uscito dalla cucina con il latte che aveva preparato ha notato che qualcosa era cambiato nel mio sguardo. Si è bloccato sulla porta con il latte in mano, ha smesso di parlare e mi ha fissato dritto negli occhi. Penso che in quel momento abbia capito perfettamente quello che stava per accadere e se non fosse stato per il fatto che non mi avrebbe mai creduto capace di tale azione sarebbe scappato a gambe levate. Ho ricambiato il suo sguardo e i miei occhi verdi si sono piantati nei suoi occhi azzurri percependo la sua preoccupazione. E’ stato come un afrodisiaco e la mia eccitazione è salita ancora di più.
Ricordo di essergli saltato addosso con una tale velocità che Carlos ha lasciato cadere il latte colto più dalla sorpresa che dallo spavento. Ma quando ho iniziato a colpirlo ripetutamente e ferocemente al viso, lo stupore nei suoi occhi si è trasformato in autentico terrore. Carlos era esile; ha tentato più volte di liberarsi dalla mia presa e scaraventarmi via, ma la mia furia e la mia eccitazione erano incontenibili. Mi sono attaccato alla sua gola, mi sono accanito sulla sua giugulare. Non ho avuto bisogno di nessuna arma: uccidere Carlos è stato semplice. E più vedevo il sangue zampillare, più mi eccitavo e volevo vederne ancora. A quel punto ho fatto una cosa che non immaginavo nemmeno lontanamente di essere in grado di fare. Ho dato un morso alla gola di Carlos e la sua carne era così tenera, così morbida che l’ho strappata via con foga. Ho tenuto in bocca quel pezzo di carne calda mentre i suoi occhi azzurri (gli occhi di un bambino, ho pensato in quel momento, Carlos avrà almeno 18 anni?) mi fissavano increduli ed esanimi. Poi ho provato a masticarla e il sapore era così buono che l’ho ingoiata. So che molti di voi lo troveranno sconveniente ma devo dire che quel primo pasto di carne umana è stato una vera rivelazione. Mi sono cibato del corpo di Carlos finché non sono stato sazio. Poi ho notato il latte rovesciato per terra; ormai il bianco era diventato un tenue rosa. Avevo sete, così ho leccato il latte misto al sangue di Carlos direttamente da terra. Poco educato forse, ma molto soddisfacente.
Quando mi sono sentito sazio e dissetato, ho iniziato a calmarmi e stare meglio. Ho guardato il corpo mutilato di Carlos giacere in quella pozza di sangue e latte e ho pensato che era stata un’esperienza così emozionante, inebriante e così poco noiosa. E sono anche convinto che per Carlos era stato…come dire… liberatorio.
Non credo di aver commesso alcun crimine uccidendo Carlos; penso piuttosto di averlo liberato da un’esistenza squallida e triste. Per questo motivo ho iniziato a tornare sul viale prima una volta alla settimana, poi sempre più spesso, per scegliere ogni sera una o uno di loro da liberare. Le prostitute ora hanno paura, ma io sono un tipo insospettabile e uso le dovute precauzioni. A Firenze non si parla d’altro che del fantomatico killer che uccide le prostitute, i travestiti e le marchette. I giornali mi hanno ribattezzato il “Mutilatore”. Non capiscono che nonostante ci sia una motivazione di base egoistica per quello che faccio, io sono più che altro un “Liberatore”.
Spesso tornando a casa da Tommaso e Claudia (dove dormo solamente, il cibo me lo procuro io stesso ormai) li sento parlare in salotto. Credono che non li senta e a volte mi sembra che si comportino come se non ci fossi o non capissi. Claudia continua a dire a Tommaso che sono diventato strano, lui la rassicura. L’altra sera tornando a casa ho sentito che Tommaso parlava di questi omicidi efferati che stanno sconvolgendo Firenze. Diceva che l’opinione pubblica è sconvolta e non si spiega come l’assassino riesca a entrare indisturbato nelle case delle prostitute.
Talvolta gli uomini sono così ciechi: se solo Claudia e Tommaso mi guardassero con più attenzione capirebbero immediatamente che ho a che fare con tutte quelle morti. Claudia dice che prima o poi lo prenderanno questo maniaco e allora pagherà per tutto quello che ha fatto. Tommaso dice che fosse per lui lo ucciderebbe nello stesso modo orribile in cui uccide le sue vittime.
Io non so… sono certo che presto le autorità capiranno che sono io. Se mi prenderanno, mi uccideranno? Io non sono così preoccupato: del resto si dice che i gatti abbiano nove vite.

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Tommaso si svegliò con un raggio di sole che gli batteva sul viso e cercò con la mano Claudia nel letto. Non c’era. Si alzò e scese in cucina dove la trovò intenta a preparare il caffè.
- Buongiorno amore - le disse baciandola.
Claudia gli sorrise, lo guardò indicandogli con la testa il gatto adagiato sul frigorifero e gli disse:
- Dobbiamo portare Freeme dal veterinario; ha di nuovo il pelo coperto di chiazze rosse…sembra sangue.
Gli occhi verdi del gatto li fissarono come se capisse perfettamente di cosa stavano parlando.

1 commenti:

Anonimo ha detto...

Faccio una pausa da Cristiano (l'episodio 5 è in arrivo, entro la settimana lo pubblico) e ripropongo un racconto letto durante una lezione che penso abbia lasciato molti dubbi. Io l'ho mandato a un concorso e mi piacerebbero un po' di commenti (Kattivi, naturalmente) per ricordarmi la vostra opinione o farla esprimere a chi non l'ha fatto durante il corso...
Stay tuned...Cristiano is coming back!